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Set 2018
Numero Nr. 476
Il piano strategico? La sua “impronta” nella storia dell’azienda

Una missione chiara per concentrare le risorse. Dialogo aperto con i portatori d’interesse per selezionare i comportamenti. Metriche e obiettivi di ogni iniziativa per assicurare l’attuazione. E, soprattutto, una leadership attenta e sempre visibile.

  

Quanti “piani strategici” sono solo tempo perduto e nessun concreto contributo alla gestione? Si formulano partendo da astratte visioni e una lunga lista di obiettivi che assomigliano a “L'albero dei desideri” di William Faulkner.  Succede cosi’ perche’ manca un solido metodo che fornisca le chiavi e sia snello ma tutt’altro che superficiale. Nella competizione di oggi nessuna azienda puo’ farne a meno…

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L’obiettivo del piano strategico è cruciale: fare compiere all’azienda un passo avanti nella continuità, quando le cose sono molto promettenti, o nella discontinuità, quando è necessario rivedere il modo di stare sul mercato. E pochi sono i suoi ingredienti: le opportunità di mercato da cogliere, la capacità dei concorrenti di contenderle, le risorse finanziarie e organizzative per impedirlo.

Il metodo di lavoro deve essere semplice ma efficace, basato sulla chiara e articolata riflessione sulla missione aziendale e sul confronto sincero e aperto con i portatori d’interesse – gli stakeholders – per capire cosa vogliono dall’azienda: non basta individuare lo slogan, il motto, l’espressione di un'idea o di un proposito, ma è necessario sviscerare la ragione d’essere dell’impresa e i capisaldi che la rendono realizzabile.

 

Una missione chiara per concentrare le risorse

La decisione principale dell’azienda è confermare o revisionare la sua missione il cui intento è proprio di natura strategica: spingere l’azienda a concentrare le proprie risorse (comunque limitate) su meno fronti, quelli con ritorni maggiori nel tempo e che possono meglio battere la concorrenza. Così l’efficacia dell’attuazione aumenta sia grazie alle maggiori risorse disponibili, sia al migliore coinvolgimento di diversi livelli decisionali, cioè persone i cui comportamenti sono influenzati dalle proprie convinzioni che devono arrivare a coincidere con i capisaldi del piano strategico.

Il processo che porta alla missione aziendale si basa su risposte alle domande chiave. Si comincia con i clienti, interagendo con i quali si determina la prima condizione per generare valore. E’ basilare aver chiaro chi sono i clienti target, cosa vogliono, per cosa realmente pagano il prezzo e cosa spinge quelli di loro che non acquistano il nostro prodotto-servizio a servirsi dai nostri concorrenti? Domande che devono trovare risposte convincenti.

Si passa poi a esaminare i punti di forza dell’azienda. Costituiscono la seconda condizione per generare valore. Quali aspetti i clienti ci riconoscono alla base della loro preferenza? Quali sono i nostri punti di forza, ciò che noi riusciamo a fare meglio dei concorrenti? Quali sono i fattori che li sostengono?

Infine l’attenzione passa alla cultura aziendale che rappresenta il motore dell’organizzazione: plasma le decisioni, motiva i comportamenti, stimola il massimo impegno di tutti. Quali sono gli assunti collettivi che ci guidano? I valori in cui crediamo? Le spinte che ci fanno superare le difficoltà?

 

Dialogo con i portatori d’interesse per selezionare i comportamenti vincenti    

La missione, confermata o revisionata, rappresenta la base per impostare le relazioni che l’azienda vuol intrattenere con i diversi portatori d’interesse. E’ a tutti chiaro chi sono ma sovente le cose si complicano perché alcuni possono ricoprire più ruoli come, ad esempio, gli azionisti-fornitori delle cooperative, gli impiegati-lavoratori autonomi, per ricordarne alcuni. Risolto questo aspetto, le categorie principali sono i clienti – utilizzatori o consumatori -, i fornitori, i distributori, le risorse umane e gli azionisti.

E’ pertanto necessario indagare il loro punto di vista, cosa si aspettano dall’azienda, quali criteri guidano le loro decisioni ed evidenziare eventuali conflitti d’interesse in contrasto con la missione aziendale. Questa prospettiva può mettere in imbarazzo perché viene raramente presa in considerazione nella gestione operativa, fatti salvi, probabilmente, i riferimenti dei clienti. Nel caso delle risorse umane, bisogna andare oltre e chiedersi anche cosa l’azienda vuole da loro: sovente ci si aspetta la fidelizzazione dei più bravi, l’aumento dell’impegno, l’apporto d’idee innovative. Ed è necessario prevedere come ottenere queste cose.

Dalle risposte si identificano i fattori rilevanti nelle relazione con i portatori d’interesse e il compito è ora  di decidere la posizione che l’azienda intende raggiungere rispetto a ciascun fattore, nell’ambito di ciascuna categoria. La parola chiave di questa fase è la “massima coerenza” con la missione aziendale.

 

Iniziative, metriche e obiettivi per assicurare l’attuazione

Si dispone ora di una canovaccio organico dei “cosa fare” e si possono affrontare i “come farlo”, cioè le azioni da intraprendere per occupare la posizione richiesta e gli obiettivi da perseguire. Ogni azione viene accompagnata dalla metrica utile per controllarne il progresso e dal risultato che ci si aspetta a determinate scadenze. La gestione operativa deve poi adattare i provvedimenti decisi all’evolversi delle situazioni, in modo flessibile e nella logica del miglioramento continuo.

Non c’è buon metodo che possa ovviare a informazioni e dati errati. Per giungere a un piano strategico efficace è necessario disporre di risposte semplici e concrete, sostenute da evidenze quali-quantitative di opinioni e ricerche. L’esperienza sul campo mette in evidenza che l’azienda normalmente dispone di abbondanti dati: ciò che manca è la messa a fattor comune, in un quadro organico, in modo da sostenere le decisioni.

Questa attività deve produrre una documentazione che permetta la revisione periodica del processo utilizzato, in modo da aggiornarlo ogni anno con i nuovi elementi emersi.    

 

I numerosi casi aziendali, basati sul metodo qui esposto, hanno messo in evidenza che una missione aziendale chiara e ben articolata, unita a posizioni fortemente coerenti da raggiungere nei  rapporti con i portatori d’interesse, rappresentano la via migliore per un piano strategico efficace, capace di guidare l’azienda verso e attraverso il successo. Con l’inspirazione di una leadership, attenta e sempre visibile, anche per correggerlo in corso d’opera.

Andrea Ferri

 

Applicazione in azienda: In quanto capo azienda, quanto del suo tempo personale è dedicato a guidare il processo di pianificazione strategica? In che modo la sua leadership ne influenza la redazione? Non lasci che si risolva in un mero esercizio compilativo ma si adoperi affinché rappresenti la sua impronta personale nella storia dell’azienda.
Parola Chiave: strategia
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