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Ott 2012
Numero N. 193
Ilva, Alcoa e le altre ristrutturazioni

Le ristrutturazioni? Ne abbiamo discusso anche di recente, con un taglio manageriale. Mentre le conseguenze delle chiusure colpiscono la vita reale della gente. E l’etica? La parola a don Tommaso Mastrandrea.

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Le ristrutturazioni? Ne abbiamo discusso anche di recente, con un taglio manageriale. Mentre le conseguenze delle chiusure colpiscono la vita reale della gente. E l’etica? La parola a don Tommaso Mastrandrea.

In generale, l'attenzione dell'opinione pubblica è stata richiamata soprattutto dalle conseguenze della chiusura, non tanto quella del comparto industriale, quanto dalla fine che avrebbero fatto i dipendenti e le loro famiglie. Non si può chiudere così, dalla sera alla mattina. È un problema etico.
Che fare? Un principio universale dice: davanti a due mali inevitabili si sceglie il minore. L’enunciazione così lucida diventa quasi impraticabile quando la scelta coinvolge le persone. La faccenda si complica. Occorre quindi pensare a un’altra via, più difficile ma praticabile, affidata alla responsabilità degli uomini, cioè all'intelligenza e alla lealtà di cuore, che guidano le coscienze rette.

Nel dibattito aperto, proponiamo, comunque, tre considerazioni con sfumature etiche.
1. Il tavolo più grande. In tempo di crisi serve un coinvolgimento più largo possibile tra tutti coloro che si trovano al vertice e nel vortice. I tavolini non servono, ci vuole un tavolo grande attorno al quale devono sedersi le rappresentanze degli interessati, nessuno escluso. Non è lecito prendere decisioni a scapito di altri in stanze separate, oppure lontani dalla realtà operativa dove si versano lacrime e sangue. Amministratori aziendali, amministratori della cosa pubblica (politici), lavoratori, tutori dei diritti sul lavoro (sindacati): dovranno pensare tutti in chiave di pari responsabilità. Cominciando a definire, ed escludere, gli errori del passato fondati sulla non partecipazione e non trasparenza.
2. Aggiungi un posto a tavola. È riservato ai rappresentanti della cultura. La cultura serve a tracciare gli orizzonti umani in evoluzione. L'evoluzione, lo sappiamo, non è un cammino in piano e lineare, ma in salita, spesso tortuoso. È saggio non privarsi di buone guide.
3. Si lascia il tavolo solo quando si può fare un brindisi. È la condivisione raggiunta sugli accordi sacrificali, sui progetti sostenibili, sulla comune passione di vincere. Poche decisioni ma essenziali per il cambiamento. Tutti in piedi, dignitosamente a schiena dritta.

Gira su internet una storiella, quella dei due orfani amici per la pelle. Uno è timido, fragile e zoppo, l'altro invece è forte, svelto, leale. Arrivano due genitori senza figli che intendono chiedere l'affidamento di un ragazzo per adottarlo. Non hanno esitazioni, quando vedono il bambino forte e sveglio: è simpatico, davvero in gamba. Il bambino sente la proposta di quei signori e per poco non scoppia dalla gioia. Avere un papà e una mamma tutti suoi, finalmente. Ma riflette e poi dice no. I due coniugi non si arrendono. Tornano un altro giorno e vanno a trovare direttamente nella cameretta il bambino prescelto. Lo trovano che sta aiutando l'amico zoppo a infilarsi le scarpe. “È per lui che hai detto di no?”- chiedono i due coniugi. “Sì - risponde il bambino. - Io sono tutto quello che ha.”
Non conosciamo il finale della storia. La morale però è evidente: nessuno deve perdere tutto, mai.

Applicazione in azienda: in qualsiasi trattativa ricordati che nessuno deve perdere tutto
Parola Chiave: buon management
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Risultati ad oggi
Quale dei due bambini adotteresti? Perché?
  • nessuno ci autorizza a scartare un individuo ,nel vangelo troviamo anche "non giudicare se non vuoi essere giudicato. renzo de marchi
    Renzo De Marchi
  • Sceglierei il bambino forte, perche' se voglio adottare un figlio lo faccio perche' sogno un mio avvenire "ideale" con lui. Ma mi sentirei male per aver scartato l'altro. Pero' il bambino forte, dice la storiella, non verrebbe perche' ha spirito piu' nobile del mio. Quindi io mi sentirei ancor peggio, ma anche lui perderebbe l'occasione di una nuova famiglia. Da ultimo, il bambino piu' sfortunato non solo non migliorerebbe la situazione, ma forse rimprovererebbe a se stesso la rinuncia dell'amico. Morale, in questa situazione avremmo perso tutti. Poiche' e' probabile che ci siano molti piu' bambini sfortunati che genitori adottivi virtuosi, lasciare la soluzione del caso alla buona volonta' dei singoli e' soluzione insufficiente. Bisogna operare affinche' la societa' si prenda cura (operativamente E moralmente) dei bambini sfortunati di questo esempio, rendendo non necessaria la generosità individuale. Nota: ho riflettuto per 24 ore prima di chiarirmi le idee e rispondere. Grazie all'autore per avere stimolato una riflessione su un tema cosi' interessante.
    Luca Orselli
  • Tutti e due
  • Adotterei il bambino forte, svelto, leale. Mi sentirei impegnato a partecipare in qualche modo, ma non da solo, a sostenere quello timido, fragile e zoppo.
    Piercarlo Ceccarelli
  • Entrambi trovando il giusto compromesso tra i costi legati al mantenimento di una persona e i costi complessivi che non devono raddoppiare...
(*) La percentuale è riferita al totale dei votanti

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Renzo De Marchi
Renzo De Marchi 30/10/2012 09:31:51

nessuno ci autorizza a scartare l'individuo che non ci fa comodo;
il vangelo dice :"non giudicare se non vuoi essere giudicato"

Piercarlo Ceccarelli
Piercarlo Ceccarelli 08/10/2012 09:50:10

Tiriamo le fila della discussione...

Una discussione molto animata quella sull’etica delle ristrutturazioni. Da una parte chi vede il bene comune come principio che non ammette compromessi, dall’altra chi cerca di accontentare i diversi protagonisti.

Mi sembra chiara l’opinione che invita tutti ad aiutare le aziende i cui prodotti hanno la possibilità di stare sul mercato in modo competitivo mentre le altre, che vivono di sussistenza diretta o indiretta, vanno tagliate con piani di chiusura compatibili, ma tagliate. Evitare di aumentare il carico fiscale ai contribuenti privando di risorse chi è utile al paese. Mai per aiutare tutti, rischiare di perire tutti.

Vedo che il metodo indicato per affrontare il problema è convincente. Considerare le istanze di tutti gli attori coinvolti, invitare anche rappresentanti della cultura per tracciare gli orizzonti umani in evoluzione e stigmatizzare gli accordi in modo ufficiale. La soluzione 'migliore' è quella capace d’incorporare le istanze delle parti integrandole nel superiore interesse comune.

Luca Orselli
Luca Orselli 03/10/2012 12:05:32

Per aiutare tutti si deve incentivare la nascita e lo sviluppo delle imprese che abbiano piani concreti per il successo. Cosi' si creano opportunita' di occupazione e si assorbono gli esuberi provenienti dalle aziende non sane: sostenere queste con sussidi di qualche natura non farebbe che spendere risorse con scarse possibilita' di ritorno (economico ed occupazionale) per la società

03/10/2012 10:15:53

Condivido pienamente il principio, ma lo vedo di difficile applicazione, soprattutto al contesto culturale italiano fortemente individualista e con una scarsa coscienza del bene comune. Può apparire una visione pessimistica, ma basta guardare cosa accade nell'ambito della politica. Purtroppo nella mia esperienza, l'eccessivo assemblearismo porta a non prendere decisioni o a protrarle troppo nel tempo. Il tempo di reazione oggi è un fattore chiave di successo o insuccesso fondamentale. Le aziende di successo sono quelle che hanno un leader vero, che dopo aver ascoltato tutti i pareri ed averli capiti prende una decisione, anche se impopolare.

03/10/2012 09:29:58

condivido pienamente ;complimenti RDM

01/10/2012 21:05:37

purtroppo Alcoa e Ilva sono la drammatica e concreta testimonianza del clima di distruzione del nostro sistema sia industriale che infrastrutturale che attraversa da almeno 15 anni in modo crescente l'Italia. Esso nasce da una profondamente ignorante cultura ambientale che sfocia oramai nell'anarchia individuale che porta a contestare qualsiasi attività produttiva che dia fastidio (gli esempi sono praticamnete infiniti). Nel caso concreto Alcoa testimonia come l'Italia non sappia più cosa significhi energia competitiva e Ilva comprova che l'AIA non serve a nulla e viene sempre contestata accusando di continuo l'impresa di qualsiasi tipo di inquinamento e/o danno ambientale. Tutto ciò costituisce il primo ed il più importante fattore della continua mancata crescita del PIL nazionale.

01/10/2012 17:10:23

Dobbiamo aiutare le aziende i cui prodotti hanno la possibilità di stare sul mercato in modo competitivo. Quelle che vivono di sussistenza diretta o indiretta vanno tagliate con piani di chiusura compatibili, ma tagliate. Ilva non è tra queste e quindi deve essere portata ad un ciclo produttivo accettabile, con i tempi necessari per gli interventi di risanamento, senza deciderne la chiusura che sicuramente sarebbe peggio dell'attuale situazione.

01/10/2012 16:04:48

Dipende sempre se per aiutare tutti si rischia di perire tutti!
Aiutare aziende che vivono di sussidi e non sono competitive non è la soluzione, in modo particolare se questo aumenta il carico fiscale al resto del paese. Alle volte bisogna saper tagliare... come viene chiesto a molte delle ns. aziende

01/10/2012 15:27:22

esempio toccante