Siamo troppo piccoli e la sola creatività non basta. E’ arrivato il momento di crescere. Quali risorse usare?
Siamo troppo piccoli e la sola creatività non basta. E’ arrivato il momento di crescere. Quali risorse usare?
La crisi che stiamo vivendo è globale. Globali sono i concorrenti, i mercati dei fattori della produzione, i mercati finanziari, il mercato dei talenti. E globali devono essere le risposte, le opportunità che dobbiamo cogliere, gli strumenti che dobbiamo utilizzare.
L’impresa vincente di oggi deve integrare tutte le leve strategiche governandone la conseguente complessità. Servirebbero i vantaggi di costo delle imprese cinesi, la capacità di diversificazione degli americani, la specializzazione dei tedeschi e, perché no, la creatività nel differenziare delle imprese italiane.
Viviamo in un mercato troppo piccolo e la taglia delle nostre imprese si è stabilizzata di conseguenza. Negli ultimi 20 anni il numero delle imprese è costantemente aumentato, non la dimensione. Il più piccolo concorrente asiatico di una nostra media azienda è spesso 3 o 4 volte più grande!
Ma le economie di scala e di scopo nella produzione, nella distribuzione, negli approvvigionamenti sono già un vantaggio competitivo importante che imprese di taglia maggiore possono sfruttare per conquistare spazi del mercato globale.
E’ ora di aumentare la taglia, di crescere - o cresci o esci-. Riparti da qui.
I nostri leader d’impresa non si accontentino più dell’uovo di oggi, di conquistare i mercati locali a scapito del concorrente regionale o anche nazionale. Investano in progetti dalle prospettive globali: raddoppiare il giro d’affari in 2 anni, triplicarlo in 5.
Per moltissime imprese, raggiugere questi obiettivi non è possibile, a maggior ragione oggi, con una forte leva finanziaria e elevati multipli di debito/Ebitda. Come regola aurea l’investimento in progetti “a rischio” (innovazione e internazionalizzazione) devono essere finanziati con capitale di rischio e non con strumenti di debito. La gallina di domani è il mercato del capitale di rischio che premierà i progetti più ambiziosi in termini di rendimento e più convincenti in termini di nuovi modelli di business globale.
Borsa e private equity devono, e alcuni vogliono, giocare la propria parte ma vanno stimolati dalle nostre imprese con la giusta sfida. La borsa italiana è ancora piccola e debole e sta vivendo un fastidioso processo di de-equitization, che vede il flusso di capitali in uscita - dividendi e delisting - superare il flusso di nuove emissioni.
Ma sono in cantiere progetti strategici per rilanciarla, per aumentarne l’efficienza e conferirle un ruolo importante nel processo d’intermediazione del capitale necessario a sostenere lo sviluppo delle imprese italiane.
Alcune nostre aziende si rivolgono ad altri mercati dei capitali, convinte che altrove si ottengano maggiori soddisfazioni in termini di valorizzazione, oltre a trovare comunità finanziarie più mature e in grado di comprendere i progetti di cui sono portatrici - shipping, retail, materie prime, energia …-. Così ha fatto Prada quotandosi a Hong Kong.
Desidero insistere sul fatto che, se è vero che la crisi ci ha rafforzati come persone, dobbiamo avere il coraggio di visione strategica e progettualità per raddoppiare, triplicare, la dimensione del giro d’affari nei prossimi cinque anni. Il mercato dei capitali di rischio, con cui dobbiamo prendere maggiore confidenza senza esaltarli o demonizzarli, è il migliore alleato di noi azionisti e leader d’impresa protagonisti della scena economica.
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Il titolo è provocatorio perché molte aziende, naturalmente, operano sul mercato nazionale o europeo con successo e solide prospettive. Ma l’invito è di trovare il coraggio di crescere con progetti straordinari e ambiziosi. Ricordando che è opportuno e corretto che gli investimenti in innovazione e internazionalizzazione siano finanziati da capitale di rischio, non di debito, più disponibile in Italia di quanto comunemente si creda.
La nostra creatività e efficacia nella differenziazione non ci possono far trascurare le economie di scala e di scopo che scaturiscono dalla taglia maggiore. Sono esse a guidare sovente la produttività rivelandosi i vantaggi competitivi più sostenibili.
Gli obiettivi di crescita del 2014, di chi ha partecipato al sondaggio, sono in prevalenza moderati (aumento dal 20 al 50%). Nel 2017 di poco superiori. Si tratta d’aziende in prevalenza con leva finanziaria < 1, quindi con poco debito e in grado di attrarre risorse importanti, salvo una minoranza che ha una situazione debitoria significativa.
Nei prossimi 3 anni la maggioranza prevede progetti d’investimento importanti finanziati, per la metà, con ricorso al debito. Quando si ricorre al capitale di rischio si tratta spesso di mezzi propri.
Proprio come temevo. La crisi ci dovrebbe aver rafforzato stimolando il nostro coraggio di osare. Discontinuità ambiziose non sono frequenti. Capitale di rischio di terzi ancora una rarità. Ciò mi convince a mettere nuovo impegno in Impronte per dare un contributo a cambiare la situazione.