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Apr 2015
Numero N. 314
Papa Francesco: denaro e profitto non sono i nemici. Promuovono l'uomo!

Il Pontefice fa sovente riferimento al denaro come allo sterco del diavolo "...perche' ci fa idolatri e ammala la nostra mente con l'orgoglio e ci fa maniaci di questioni oziose, ...corrompe".
Il messaggio puo' essere frainteso. Sembra considerarci tutti incapaci di rimanere liberi davanti al denaro. Sappiamo che non e' facile ma combattiamo l'idea di esserne sempre e comunque schiavi.

La posizione della Chiesa si rivela controproducente. Rende sospetta l'impresa - quindi il lavoro - e contribuisce a distorcerne i valori promuovendo tensioni sociali.

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Il Pontefice fa sovente riferimento al denaro come allo sterco del diavolo "...perche' ci fa idolatri e ammala la nostra mente con l'orgoglio e ci fa maniaci di questioni oziose, ...corrompe".
Il messaggio puo' essere frainteso. Sembra considerarci tutti incapaci di rimanere liberi davanti al denaro. Sappiamo che non e' facile ma combattiamo l'idea di esserne sempre e comunque schiavi.

La posizione della Chiesa si rivela controproducente. Rende sospetta l'impresa - quindi il lavoro - e contribuisce a distorcerne i valori promuovendo tensioni sociali.
 



Il denaro ha molte definizioni. Dal punto di vista sociale e' riserva di lavoro, il mezzo per ottenere lavoro in cambio. Quindi una pila, un accumulatore che proviene dal lavoro e puo' essere trasformato nuovamente in lavoro quando se ne ha bisogno. Ad esempio, quando si e' infermi o anziani e ci serve assistenza. Naturalmente il lavoro puo' servire a molti altri scopi: alla produzione, ai servizi, al divertimento, ecc... Anche alla solidarieta'.
Senza denaro tutto questo non e' possibile e la societa' tornerebbe al baratto oppure sarebbe dominata dal piu' forte fisicamente che sopraffa' i piu' deboli.

Il profitto e' stato sovente demonizzato perche' e' un surplus sul costo. Surplus visto con sospetto perche' sfuggono i meccanismi che lo formano. Ma il surplus e' - spesso fortemente - limitato dalla concorrenza che agisce in modo aggressivo non appena il prezzo diventa remunerativo, calmierando cosi' il mercato.
Il surplus serve soprattutto a remunerare l'innovazione. Senza profitto non ci puo' essere innovazione. Senza innovazione non ci puo' essere progresso.

Cio' che si deve temere non e' l'iniziativa privata accusandola di profitti indebiti. Al punto che, nella societa' cattolica, ogni arricchimento privato viene considerato immeritato, quando non frutto di disonesta' e corruzione.
Da qui la propensione a condannare ogni liberalizzazione. Favorendo l'ingerenza della politica, anche se essa tende a difendere i difetti e a proteggerli dalla competizione.
Cosi' crea danni - a lungo andare crea poverta' - perche' perpetua le inefficienze e scoraggia la produttivita'. E il consumatore, la persona, non e' al centro del mercato. Quando cio' accade si e' sempre bloccato il progresso e si sono prodotte grandi ingiustizie!

E' evidente che il denaro si presta, come ogni cosa umana, all'abuso. Puo' essere il frutto di un lavoro disonesto e puo' essere utilizzato per scopi disonesti. Le tentazioni sono tante e forti. Per questo i primi padri della Chiesa richiamarono subito il collegamento con il diavolo.
Siamo totalmente d'accordo che, quando poggia sulla disonesta', non contribuisce al bene comune e percio' va ostacolato e condannato.

Ma, caro Papa Francesco, l'azienda che opera in un mercato competitivo convoglia il sano egoismo dei singoli verso un risultato virtuoso per la collettivita'. E' la base del progresso che ci permette di riscattare dall'indigenza e dalla fame una quota sempre maggiore della popolazione di questo pianeta. Promuove l'uomo e la sua crescita, non solo materiale ma anche spirituale.
 
Applicazione in azienda: l'azienda riconosce che integrita' morale e onore sono ingredienti chiave del buon management. Il capo azienda e' il primo responsabile della loro diffusione e un esempio per tutti con i comportamenti quotidiani, con i gesti, con la comunicazione dentro e fuori l'azienda per dare concretezza e fisicita' al concetto di onorabilita'. Un buono strumento e' il "codice d'onore del manager”.
Parola Chiave: buon management
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Per approfondire: n. 210 - N. 52
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Qual e' la sua opinione su denaro, profitto e etica?
  • L’ossessione del denaro di una certa finanza spericolata e speculativa, la dottrina dello shareholder value a tutti i costi che, a volte, ha privilegiato il trimestre sulla sostenibilità nel tempo dell'impresa è senz'altro da condannare. La “creazione di valore” lecita, onesta che da posti di lavoro, ricchezza e benessere e, quindi, progresso promuove l’uomo e la sua crescita non solo materiale, ma anche spirituale rafforzando il concetto che il lavoro nobilita l'uomo.
    Fabrizio Fresca Fantoni
  • Condivido la tesi qui proposta. Demonizzare il lecito guadagno individuale porta ad appiattire la società e bloccarne lo sviluppo, danneggiando in questo modo anche chi abbia minor propensione o abilità. Diversa cosa è condannare l'arrivismo, la disonestà, la prevaricazione: queste sono però caratteristiche comportamentali che si manifesteranno sempre e comunque indipendentemente dal modello sociale. Ne abbiamo purtroppo pessimi esempi trasversali, nella storia dei regimi capitalisti, comunisti e degli stessi ordini religiosi
  • Perchè non pone direttamente a Papa Francesco il quesito? personalmente non credo alla condanna del profitto da parte di Papa Francesco. Forse dovrebbe essere meglio spiegato da Lui stesso che il lavoro,l'impresa,lo sviluppo,il profitto,e quindi anche l'aiuto ai bisognosi secondo le proprie possibilità e coscenza sono cose buone.
  • Condivido la lettura dell’estensore di Impronte sulle questioni etiche poste dall’economia di mercato e sulla giustificazione del profitto anche nel contesto della morale cattolica: la lettura “alla Schumpeter” chiarisce la necessità del profitto come propulsore fondamentale del progresso. Come già sottolineato in qualche precedente commento, tale lettura riconosce peraltro che il mercato vive di concorrenza e muore in sua assenza, e implica che il mercato a sua volta necessita di una cultura che lo sostenga e di un arbitro che lo difenda dai mercanti infedeli, dalla spirito di frode e di sopraffazione. E’ interessante comunque sottolineare come, all’interno della stessa dottrina cattolica, coesistono letture diverse, fin dal Medioevo, riguardo all’“accettabilità” del profitto: la definizione dell’arricchimento come fine ultimo di ogni organizzazione familiare (col linguaggio di oggi, diremmo – anche - aziendale) e della ricchezza come “sangue che circola nel corpo civico e lo vivifica”, “calore naturale delle città”, risale addirittura a Bernardino degli Albizzeschi, che era sì senese, ma non appartenente al ceto capitalista che proprio in Toscana, alla fine del Medioevo, si stava venendo a consolidare sulla scorta delle molteplici attività artigianali e commerciali in cui eccellevano i contemporanei dei Medici, bensì illustre rappresentante dell’ordine francescano, e anzi leader della sua ala più rigorista e ortodossa (l’”Osservanza”)! Carlo Martelli
  • Condivido pienamente il concetto espresso; purtroppo in Italia prevale ancora una cultura anti impresa e questo è anche il frutto di tanti anni di ideologia comunista e della presenza invasiva della Chiesa.
(*) La percentuale è riferita al totale dei votanti

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