7
Gen 2014
Numero n. 253
Quanti errori nella trasformazione aziendale!

Ha mai pensato a quanta energia mettiamo nell'organizzare la nostra azienda? Con in mente l'obiettivo di rendere ripetibile e prevedibile l'azione collettiva tramite regole e procedure.

Ora, provi a immaginare quanta energia serve per rimuovere l'inerzia che abbiamo indotto ingessando i comportamenti. Almeno altrettanta se non di piu'. Di qui i nostri errori...

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Ha mai pensato a quanta energia mettiamo nell'organizzare la nostra azienda? Con in mente l'obiettivo di rendere ripetibile e prevedibile l'azione collettiva tramite regole e procedure.

Ora, provi a immaginare quanta energia serve per rimuovere l'inerzia che abbiamo indotto ingessando i comportamenti. Almeno altrettanta se non di piu'. Di qui i nostri errori...



Gli errori piu' gravi nella trasformazione li commettiamo perche' non siamo consapevoli dell'energia necessaria per cambiare. Il processo di standardizzazione inibisce la spinta ad avventurarsi al di la' della frontiera conosciuta e codificata.
L'organizzazione non e' fatta per trasformarsi. Ma trasformarla oggi e' una necessita' improrogabile. Non c'e' scampo. Allora come comportarsi?

Altro errore e' assimilare la trasformazione ad un progetto tradizionale che richiede unicamente disciplina. Naturalmente serve avere un piano, ma occorre anche essere disposti a modificarlo. E' questo grado di liberta' ad avere conseguenze enormi perche' l'organizzazione deve generare cambiamenti continui nella massima sincronia.
Cambiare all'unisono! Come? Puntando su quantita' e qualita'.

Ci vuole quantita'. Innescare una trasformazione timidamente, con poche persone sotto forma di progetto pilota, e', nella maggioranza dei casi, perdente. Mobilitare un'organizzazione verso il nuovo e consentire al nuovo di prendere piede richiede di coinvolgere una popolazione aziendale relativamente ampia, pari al 5-10% del totale.
Ci vuole qualita'. Il lavoro deve essere strutturato in progetti con responsabilita' chiare (non e' raro avere 10–40 progetti da attuare). E il sistema di governo deve valorizzare l'interdisciplinarieta' e la trasversalita' delle competenze. In modo da fronteggiare le inevitabili incertezze di un divenire continuo. Deve, contemporaneamente, alimentare la fiducia nell'organizzazione che verra'.
Ogni piccolo passo avanti va evidenziato per infondere continua energia a un processo che si svelera' nella sua interezza solo quando tutte le tessere del mosaico saranno al loro posto. L'aspetto di opera incompiuta sino al gran finale rappresenta l'elemento piu' difficile da gestire della trasformazione.

Al timone ci vuole polso fino all'ultimo, quando la nuova organizzazione prende vita, perche' spesso si verificano colpi di coda che spingono a fare marcia indietro.
...la crisalide si trova nella sua fase piu' vulnerabile proprio nel momento in cui si trasforma in farfalla.
Il sogno di tutti noi? Trasformare per creare un'organizzazione dall'inerzia minima che riesca a reinventarsi e modificarsi in funzione dell'ambiente. A volte l'ho visto diventare realta'. E lei?

Applicazione in azienda: avvia la trasformazione in azienda e non arrenderti fino a quando la nuova organizzazione sara' a pieno regime
Parola Chiave: trasformazione
Cosa ne pensa la community: Piace a 3 soci e un socio ha un'altra idea
Per approfondire: n. 250 - n. 243
Risultati ad oggi
Quale aspetto e' secondo lei il piu' critico nella trasformazione aziendale?
57 %
la comunicazione per mobilitare l'organizzazione (Via alla trasformazione... comunicalo!)
14 %
la scelta delle persone da coinvolgere direttamente (Trasformazione, servono i paladini)
14 %
l'impianto di progetti necessari, da svolgere contemporaneamente
14 %
l'aspetto di "opera incompiuta” che si risolve solo... quando il nuovo e' a regime
0 %
altro (specifichi nello spazio riservato al suo parere)
Nel complesso, quali sono le sue esperienze, positive e negative, negli interventi di trasformazione?
  • Ho visto esperienze positive di trasformazione solo quando il vertice aziendale si è mobilitato personalmente per guidare il processo di cambiamento. Quando ha indicato chiaramente la necessità e gli obiettivi e si è speso per il loro raggiungimento. Quando invece ciò non è successo, la montagna ha sempre partorito un topolino ed i risultati della trasformazione sono stati tardivi e minimi, inefficaci.
    Luca Orselli
  • Le esperienze positive di trasformazione sono accomunate da tre elementi: 1) un piano che identifica la rotta da intraprendere con una stima di ritorni e investimenti (finanziari e umani); 2) comunicazione chiara e convincente dell'opportunità; 3) impegno quotidiano del vertice aziendale nell'essere il primo paladino della trasformazione. Le esperienze negative sono caratterizzate dalla mancanza di uno o più di questi tre elementi che porta ad una trasformazione condotta con grande superficialità che non solo non porta novità, ma distrugge anche l'esistente minando la motivazione delle risorse.
    Fabrizio Fresca Fantoni
  • Le esperienze positive hanno tutte in comune la determinazione al cambiamento del capo e il suo coinvolgimento personale nella guida della trasformazione. Quelle negative riguardano, sempre da parte del capo azienda, sia l'impazienza di vedersi compiere i cambiamenti fino in fondo, sia la intempestività nel cambiare direzione di fronte a ostacoli troppo grandi da superare.
    Andrea Ferri
  • Le trasformazioni aziendali richiedono a volte il cambio anche delle persone in quanto chi ha consolidato metodi di lavoro nel tempo è spesso ostile al cambiamento. Stefano Noro
    Stefano Noro
  • Più quelle positive, a condizione che ci sia una leadership forte nella volontà di trasformare e nel mobilitare le persone. Altrimenti prevalgono le esperienze negative.
    Piercarlo Ceccarelli
  • Cambiare una funzione aziendale alla volta ha ancora il suo perché. Tuttavia, per molti settori tale approccio è semplicemente troppo disgiunto, localizzato e lento per mantenere competitiva l’azienda. I grandi cambiamenti necessari oggi esigono una risposta di trasformazione altrettanto ampia, che in generale influenza ogni parte dell’azienda. Senza il necessario coordinamento tra le varie iniziative, però, è come se i dirigenti aziendali scommettessero sul fatto che tutti i pezzi andranno in qualche modo al loro posto da soli, il che spesso si rivela una puntata ad alto rischio. Ciò di cui hanno bisogno, invece, è un grande cambio di marcia nelle prestazioni aziendali, che si può ottenere solo con una trasformazione completa dell’impresa. La trasformazione, ovviamente, non è un concetto nuovo. Il termine viene comunemente usato per descrivere i tentativi di riduzione dei costi funzionali o operativi. Solitamente tali progetti suscitano l’interesse di un dirigente funzionale, come per esempio il manager della supply chain, o il CIO per le questioni tecniche. Quello di cui stiamo parlando, però, è totalmente diverso: una riconsiderazione completa che punti al miglioramento di come un’azienda è strutturata e si presenta sul mercato. Una vera trasformazione aziendale considera sicuramente i costi, ma presta la stessa grande attenzione alla generazione di entrate, permettendo così alle aziende di ottenere contemporaneamente effetti immediati sui margini di profitto e sul valore aggiunto. Influisce sulla clientela ridefinendo la posizione di valore dell’azienda in termini di prodotti e servizi. Inoltre, modifica radicalmente il modo in cui l’intera azienda, non solo una singola funzione, agisce per fornire valore. Tra gli altri segnali tipici di una trasformazione aziendale di successo vi sono top manager impegnati e coinvolti, forte allineamento con le priorità strategiche globali dell’azienda e piani di finanziamento che vanno oltre i confini aziendali e organizzativi. Una vera trasformazione globale dell’azienda fondamentalmente disgrega i modelli operativi e di business della stessa, rappresenta un viaggio pluriennale collegato direttamente alla gestione del valore e al potenziale commerciale, e solitamente prevede un piano d’azione che individua gli obiettivi a breve e a lungo termine. Per convincere l’organizzazione ad intraprendere un viaggio complicato che richiede così tanto tempo serve un approccio intenzionale e rigidamente disciplinato incentrato sulla realizzazione e l’individuazione di un valore reale.
    Carlo Martelli
  • Personalmente comunicare che si vuole cambiare qualcosa in azienda è importante!logicamente devono esserci un seguito di contenuti, di azioni tangibili e che si concretizzino, che diano energia al nuovo, come sottolineato da voi. La proprietà, gli azionisti devono metterlo come priorità della giornata lavorativa delegando, dove possibile, la routine giornaliera. La proprietà deve dedicarsi agli aspetti strategici ora più che mai...non bisogna mollare il timone ed il comando. Questi sono gli aspetti basilari che nella mia esperienza non sono presi in considerazione con il giusto peso, poi tutto il resto si allinea se tutta l'organizzazione vede una chiara intenzione di cambiamento della proprietà!
(*) La percentuale è riferita al totale dei votanti

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Renzo De Marchi
Renzo De Marchi 15/01/2014 09:19:25

verissimo a livello concettuale ,
difficilissimo da parte dell'imprenditore vecchio stile che vede il cambiamento come un costo ed una perdita di tempo!
agire sull'organizzazione viene intesa come perdita di potere ,per cui ci si muove perche tutto rimanga come prima!

Piercarlo Ceccarelli
Piercarlo Ceccarelli 13/01/2014 09:24:49

Tiriamo le fila della discussione...

Non sorprende che la metà dei soci di Club Impronte indichi la comunicazione per mobilitare l'organizzazione come l'aspetto più critico della trasformazione aziendale. Condividere il perché, l'urgenza, l'ampiezza, gli obiettivi credibili sono alla base della motivazione delle persone coinvolte. Grande consenso, inoltre, si registra sul pieno coinvolgimento del vertice aziendale come fattore di successo.
Trasformare significa ri-concepire posizionamento, struttura e funzionamento dell’azienda influendo sulla clientela. E' l’intera organizzazione, non una singola funzione, che agisce per fornire valore in termini di prodotti e servizi.