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Nov 2009
Numero N. 66
Abolire l’Irap: ma come?
Risultati e commenti su www.clubimpronte.it

L'Irap non ha una buona reputazione. Genera un gettito rilevante e, quindi, non può essere semplicemente abolita. Ce ne occupiamo nel club Impronte perché è un’imposta che distorce la competizione internazionale ed è necessario ricondurla nell'ambito di un sistema impositivo comparabile con quello dei paesi con cui ci confrontiamo. Poiché finanzia essenzialmente un servizio universale, la sanità, dovrebbe essere percepita su tutti i redditi. La nostra proposta? Attraverso una sovraimposta a favore delle regioni sull'Irpef e sull'Ires.

È più facile dire cosa non sia l’Irap, l'imposta regionale sulle attività produttive, che definirla in positivo. Non è una imposta diretta, ma non è neanche una imposta indiretta. Non è deducibile dal reddito, ma non è neanche una imposta patrimoniale. Non è un contributo sociale, anche se finanzia in larga parte il sistema sanitario attraverso le regioni. È una imposta che, messa in bilancio dopo l’utile netto, spesso l’assorbe tutto e genera rabbia e sconcerto presso gli imprenditori e gli azionisti.

Un’imposta antipatica. Introdotta nel 1997 dall’allora ministro per le Finanze Vincenzo Visco, assorbì diverse imposte obsolete assieme ai contributi sanitari, operando così un’utile semplificazione. Fu neutra nella sua prima applicazione, poiché il suo gettito venne a compensare imposte e contributi aboliti. Favorì le imprese, quelle industriali in particolare, perché distribuì su una platea più vasta un gettito che prima era concentrato su di esse. Ma venne subito avversata. I motivi sono diversi. Quello più contingente riguarda l’estensione al vasto campo dei professionisti.

Ma l’Irap mise anche in piena evidenza distorsioni già presenti nel sistema fiscale, seppure mascherati. L’imposta sul valore aggiunto evidenziò, nei bilanci delle imprese, un carico fiscale che apparentemente non veniva pagato da chi produceva in altri paesi. Con l’Irap indeducibile, messa dopo aver determinato l’utile, si vedeva chiaramente l’effetto depressivo delle imposte, mentre prima, con imposte deducibili e contributi sanitari sul lavoro, questo effetto era nascosto nelle voci di costo del bilancio. Inoltre l’Irap finanzia le regioni con un prelievo sulle imprese, rompendo così il rapporto diretto necessario in una democrazia tra chi vota e chi è eletto e determina le imposte, che oggi è mediato dalle imprese che si suppone trasferiscano queste imposte sui prezzi finali dei loro prodotti. Ne risulta che le regioni possono aumentare l’Irap senza un danno immediato di immagine sui propri elettori, a scapito delle imprese che non votano.

Non sono il solo a pensare che occorra un progetto per ricondurla nell’ambito di un sistema impositivo allineato a quello degli altri paesi cui ci riferiamo. Sulla scia di altre proposte già avanzate, soprattutto all’interno di Confindustria, la proposta di Impronte è quella di riportarla nell’ambito della tassazione generale dei redditi, perché essa finanzia essenzialmente la sanità, un servizio universale, attraverso la finanza regionale e dovrebbe essere percepita su tutti i redditi.

Il meccanismo potrebbe essere, tutto sommato, abbastanza semplice: le imprese rivalutano le retribuzioni dei lavoratori della percentuale di Irap, che diviene così un costo deducibile dalle imposte. I lavoratori hanno un reddito più elevato e le imprese un utile maggiore per il venir meno dell’Irap sulle altre poste del valore aggiunto. Lo Stato mette una sovraimposta a favore delle regioni - e da esse modificabile in più o in meno - sull’Irpef e sull’Ires, tale da recuperare tutto il gettito dell’Irap. La più larga platea di imposizione dell’Irpef - che comprende tra gli altri i redditi da capitale, da pensioni e da immobili - assicura che i lavoratori e le imprese abbiano un qualche vantaggio in termini di pressione fiscale complessiva. Le regioni gestiscono l'addizionale in relazione alle loro politiche di spesa.
Gli elettori potrebbero – conseguentemente - giudicare gli amministratori regionali anche sulla base delle loro scelte fiscali, che incidono sui loro redditi. Potrebbero premiarli o punirli con il loro voto: questo sì sarebbe vero federalismo fiscale!

Il sistema fiscale italiano tornerebbe ad essere comprensibile e comparabile con quello degli altri paesi. Vi sarebbe la possibilità di sostituire parte dell’Irap con qualche aumento dell’Iva, in particolare con l’accorpamento di alcune aliquote, ciò che trasferirebbe parzialmente l’Irap anche sulle importazioni, con effetti benefici sulla competitività del paese.

Parola chiave: economia


Azione: mobilitati per ottenere una rettifica razionale dell’Irap e eliminare le distorsioni che essa comporta
Parola Chiave: economia
Cosa ne pensa la community: Piace a un socio
Risultati ad oggi
In quanto imprenditore e top manager, quali ritiene sarebbero i vantaggi per le aziende italiane derivati dall'abolizione dell’Irap? (risposte multiple consentite) (*)
0 %
diminuzione dei costi (in particolare del costo del lavoro)
0 %
miglioramento della competitività internazionale
0 %
miglioramento di quote di mercato, soprattutto rispetto alle aziende straniere (che sarebbero costrette a scaricare sui prezzi l’incremento dell’Iva)
0 %
benefici in termini di margini di profitto
0 %
nessun vantaggio
0 %
altro (specificare nello spazio sottostante riservato al suo parere)
Qual è la sua personale opinione sull’opportunità di abolire l’Irap? (*)
0 %
sì. Concordo sostanzialmente con la vostra proposta di sostituzione con una sovraimposta a favore delle regioni sull'Irpef e sull'Ires
0 %
sì. Preferisco una sostituzione solamente mediante l’incremento delle aliquote Iva
0 %
sì. Va semplicemente abolita, senza sostituirla, compensandola con tagli alla spesa pubblica
0 %
no. Va mantenuta così com’è
0 %
altro (specificare nello spazio sottostante riservato al suo parere).
Qual è la sua personale opinione sull’opportunità di abolire l’Irap?
41 %
sì. Concordo sostanzialmente con la vostra proposta di sostituzione con una sovraimposta a favore delle regioni sull'Irpef e sull'Ires
7 %
sì. Preferisco una sostituzione solamente mediante l’incremento delle aliquote Iva
52 %
sì. Va semplicemente abolita, senza sostituirla, compensandola con tagli alla spesa pubblica
0 %
no. Va mantenuta così com’è
0 %
altro (specificare nello spazio sottostante riservato al suo parere)
(*) La percentuale è riferita al totale dei votanti

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13/06/2012 15:51:45

Un operatore indiano con cui siamo da tempo in relazione, mi fa presente che la politica indiana riconosce di aver perso la battaglia per il minor costo di produzione, da tempo vinta dalla Cina, e di aver deciso di concentrarsi su produzioni a maggior valore aggiunto. Se lo fanno gli indiani a maggior ragione dovremmo averlo già fatto noi italiani! Giusto il suo invito a riposizionare la gamma Fiat per le produzioni fatte in Italia: anche Marchionne & C. avrebbero dovuto muoversi da tempo su questa linea di cambiamento.
O. Vilunga 2/22/2011 10:13

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13/06/2012 15:51:45

L'Italia dei dati Istat non esiste. Abbiamo capito che l'Italia è formata da due regioni distinte e con produttività nettamente diversa. Il nord è tra le regioni più ricche e produttive d'Italia (tutti gli indicatori sono ben al di sopra della media europea). Il sud è a livelli straordinariamente più bassi (tutti gli indicatori sono ben al di sotto della media europea). C'è allora da chiederci perchè non creare condizioni di lavoro e d'investimento decisamente diverse. E' solo la demagogia che ci ha fatto far finta che esistesse l'Italia dell'Istat. Il risultato è un'unica politica economica e sociale mentre dovrebbero essere due diverse. Anche il sud troverebbe grande vantaggio da questo approccio e le nostre imprese sarebbero più competitive.
C. V. Tonfio 2/21/2011 18:59

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13/06/2012 15:51:45

L'organizzazione sia aziendale che personale gioca un ruolo vitale per permettere a ciascuno di ottimizzare le proprie capacità. Il secondo fattore è la voglia di lavorare
2/21/2011 16:57

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13/06/2012 15:51:44

I francesi fabbricano anche in Europa e fanno qui la maggior parte dei loro utili. Come mai Fiat non ci riesce? Il loro posizionamento è così diverso? Capisco il caso dei tedeschi, ma i francesi non mi pare abbiano posizionamenti molto alti. Quali sono le ragioni?
Giulio Giulino 2/28/2011 9:32

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13/06/2012 15:51:44

E' vero quanto scrive O. Vilunga. Gli indiani già vedono la necessità di un posizionamento medio-alto, figuriamoci noi europei! Altrimenti non abbiamo futuro
F.abio Borghi 2/27/2011 14:18

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13/06/2012 15:51:44

Noi ci occupiamo di costruire infrastrutture nel mondo e sviluppiamo nuovi vantaggi competitivi proprio attraverso la globalizzazione. Ad esempio, abbiamo sviluppato squadre di cinesi abili nel montaggio, esercizio e smontaggio di grandi macchinari specializzati, utilizzati per le gallerie. Sono squadre che hanno cominciato a lavorare in Cina ma che ora facciamo lavorare ovunque nel mondo, con grande soddisfazione di tutti.
M. Matteucci 2/23/2011 17:52

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13/06/2012 15:51:44

La nostra azienda, del settore automotive, ormai guarda alla globalizzazione con occhi diversi da quelli ipotizzati in letteratura:
1. produciamo local for local (cioè non spediamo più le merci da una parte all'altra del pianeta)
2. facciamo progettare localmente (solo così s'interpretano efficacemente le specifiche del mercato. Progettare in Italia per il mercato cinese è sbagliato perchè si concepiscono i prodotti in chiave occidentale - ridondanze e sofisticazioni - mentre il mercato chiede semplicità e affidabilità. I nostri progettisti italiani non sono più capaci a progettare così)
E. Brivio 2/23/2011 17:45

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13/06/2012 15:51:44

In questo momento i voti propendono per maggiore capacità di previsione e migliore allocazione delle risorse. Due aspetti critici per la produttività. Tutti gli altri servono, ma se non ci sono questi due il sistema non funziona
F. Orioni 2/23/2011 9:16

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13/06/2012 15:51:44

Produttività e posizionamento. Se per produttività ci riferiamo sia all'efficienza (costo per pezzo prodotto + tasso di saturazione degli impianti) e sia all'efficacia, cioè valore offerto al mercato, il posizionamento è già implicito nella produttività. E' evidente che nessuno può pensare di organizzare in modo molto produttivo una produzione che non interessa a qualcuno dei portatori d'interesse (clienti, ma anche azionisti, dipendenti, società, ecc.). Ma meglio essere chiari e mettere in evidenza le due dimensioni.
Paolo Liguoro 2/23/2011 9:7

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13/06/2012 15:51:44

Per la produttività delle nostre imprese non basta meno conflittualità e più collaborazione, auspicata da Fiat, ma un salto deciso verso la partecipazione, con un maggior coinvolgimento dei lavoratori. Nella governance relativa ai prerequisiti (salute, sicurezza, sviluppo professionale, ecc.) e nella redistribuzione della redditività.
Dario Rossi 2/22/2011 13:56

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13/06/2012 15:51:44

Posizionamento alto di gamma e grandi volumi. Due ingredienti che ieri sembravano in contraddizione ma oggi sono possibili considerato che un altro miliardo di persone ha raggiunto nel mondo standard di consumi di tipo occidentale. Fiat ha alcune leve "italiane" da giocare meglio di come fa: design, arte, cultura, qualità della vita, localismi, campanili, cucina dovrebbero ispirare autovetture più connotate di italianità di quelle che vediamo. E attenzione a Chrysler! L'influenza esercitata su Mercedes è stata nefasta. Non si sono mai viste brutte mercedes come durante il periodo di collaborazione con gli americani.
Tony Vittuolo 2/22/2011 13:47