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Feb 2010
Numero N. 77
Burani fallisce per finanza sconsiderata
E non per colpa della crisi. Ovvero, quando l’industria viene distrutta dalla cattiva finanza. La storia di successo del made in Italy diviene disastro per la miopia dell’imprenditore, probabilmente l’avidità e, certamente, l’eccesso di finanza. Già nel 2000 non avrebbe dovuto puntare sull’espansione ma sul consolidamento. E la pratica aziendale di mettere all’attivo elevate somme di liquidità che, invece, oggi si rivelano immobilizzazioni o investimenti di natura finanziaria, ha nascosto la situazione reale, sempre diversa da quella comunicata!

La storia del Mariella Burani Fashion Group, comincia nel 1960 a Cavriago, in provincia di Reggio Emilia. L’azienda, fondata da Walter Burani e dalla moglie, nasce con l’obiettivo di produrre e distribuire abbigliamento per bambini. Si evolve ed entra nel mercato dell’alta moda e del prêt à porter. Fino al 2007 vengono aperti numerosi punti vendita e effettuate acquisizioni, prevalentemente nel settore della pelletteria, con lo scopo di offrire un’ampia gamma di prodotti nelle aree geografiche più attraenti. Con 2.200 dipendenti, Burani rappresenta una storia di continui successi, tra le più interessanti del made in Italy!

Quali sono le cause che hanno portato al fallimento? La miopia e il conflitto d’interessi. Prima della quotazione in borsa, l’azienda presenta un fatturato e una redditività netta in aumento (1999-2000), non dovuta ad economie di scala perché la redditività aziendale è praticamente nulla, ma a componenti finanziare e straordinarie. Infatti l’indebitamento lordo è superiore al fatturato e l’azienda opera con alti livelli di capitale circolante e non genera liquidità. Già 10 anni fa, quindi, sarebbe stato fortemente consigliabile interrompere la fase di espansione e concentrarsi sul consolidamento della situazione patrimoniale. Complici i consulenti finanziari il cui interesse di promuovere i propri prodotti è entrato in conflitto con la realtà industriale.

La quotazione avviene nel 2000 sulla base del bilancio ufficiale della capogruppo che, con utili netti assai elevati ancora derivanti da ricavi non industriali, non rappresenta la realtà.
Negli anni successivi, fino al 2006, i ricavi consentono di consolidare i risultati economici precedenti, di rafforzare la formula competitiva ma, soprattutto, di ottenere economie di scala i cui effetti sono visibili sia a livello di margine industriale lordo, sia di risultato operativo. Ma le componenti straordinarie rimangono elevate e superano gli utili netti.
Nel 2007 gli oneri finanziari erodono integralmente il risultato operativo, mentre nel 2008 sono pari a 4 volte lo stesso. L’azienda diminuisce le scorte di magazzino e ritarda il pagamento ai fornitori per generare cassa. Ma il fabbisogno finanziario si dilata fino ad oltre 180 mln di euro e l’indebitamento lordo complessivo raggiunge 510 mln, ancora a fronte di una costante detenzione di irragionevoli somme di liquidità all’attivo.
Nell’estate 2008 il valore delle azioni diminuisce fino alla sospensione del titolo a tempo indeterminato imposta dalla Borsa Italiana nel 2009. La situazione precipita a fine 2009 quando Mediobanca rimette il mandato.

Lo scambio di mail scoperto dalla procura il 13 novembre scorso svela che l’azienda usava la liquidità per speculazioni finanziarie, anche sui propri titoli. L’11 febbraio 2010 è stata depositata l'istanza di fallimento nei confronti di Bdh, Burani Designer Holding N.V., con sede ad Amsterdam, holding a monte della catena di controllo del gruppo che risulta avere un patrimonio netto negativo. La società di diritto olandese, secondo la procura, in realtà ha sede a Milano.

L'eventuale fallimento di Bdh potrà avere un effetto domino sul gruppo? Dal punto di vista finanziario, la controllata Mariella Burani Fashion Group, Mbfg, è oberata da quasi mezzo miliardo di euro di debiti e le oltre 40 banche creditrici hanno chiesto alla famiglia Burani, che detiene il 71% della società, di ricapitalizzare. Nonostante l'asserita disponibilità, la famiglia Burani non ha dato i 70 milioni, come richiesto di fare entro venerdì scorso, 12 febbraio. Chiara indicazione che la famiglia stessa ritiene che l’intero pacchetto non valga questa cifra. La via maestra sembra il concordato preventivo. Ma non mancano nodi da sciogliere: è necessaria l'approvazione del concordato da parte dei creditori, in primis quelle stesse banche con cui finora la famiglia Burani non ha trovato un accordo. In secondo luogo il pacchetto di controllo di Mbfg è in pegno a Centrobanca, creditore della holding di controllo.
Dal punto di vista industriale il problema è di analizzare la situazione complessiva, individuare le porzioni di business più promettenti su cui costruire un piano industriale credibile e le porzioni che, invece, possono essere cedute in modo da utilizzare gli introiti per diminuire l’indebitamento. La qualità del piano deve essere particolarmente alta per convincere i creditori.

Il fallimento in sintesi? Il gruppo ha continuato nel tempo la sua politica di remunerare gli azionisti mediante componenti straordinarie e non operative. L’indebitamento lordo complessivo ha continuato ad aumentare, a fronte di un’incomprensibile e costante detenzione di elevate somme di liquidità all’attivo. Ma se le voci che il gruppo ritiene liquidità fossero, invece, immobilizzazioni o investimenti, come appare probabile oggi, la posizione finanziaria netta sarebbe sempre risultata diversa da quella comunicata!

Ho conosciuto personalmente Walter Burani e lo ritengo un imprenditore capace. La scelta di espandersi a tutti i costi ha generato un rapporto del 90/100 tra capitale investito e fatturato e la redditività operativa non è stata in grado di onorare gli impegni finanziari. Ha dimenticato i fondamentali dell’impresa, ricercando una velocità di sviluppo non compatibile con il modello di business che aveva creato. Un esagerato ricorso alla finanza – ben quattro aziende del gruppo sono quotate in borsa - si è mostrato, alla fine, la corda che lo ha strangolato. Soffocato dagli impegni finanziari, ora deve trovare il modo di salvare le porzioni sane del suo gruppo e… ritornare a fare l’industriale o passare la mano!

Parola chiave: governance

Azione: la finanza è un ingrediente dell’impresa industriale. Non il contrario. Assicurati che nella tua azienda non si invertano i termini

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Risultati ad oggi
In quanto imprenditore e top manager, è sorpreso che 40 banche creditrici non abbiano valutato correttamente la situazione della Burani?
26 %
si
32 %
no, perché il sistema di misurazione dell’accesso al credito è inefficace
36 %
no, perché le banche sono attratte dalla possibilità di elargire credito al tasso più alto possibile
0 %
non so
4 %
altro (specificare nello spazio sottostante riservato al suo commento)
Qual è il suo atteggiamento verso la crescita della sua azienda?
0 %
la crescita è condizione essenziale per la mia azienda e va ricercata a tutti i costi
87 %
la crescita è importante e va ricercata quella sostenibile
13 %
la crescita è auspicabile ma non indispensabile
0 %
la crescita non serve
0 %
la crescita non è possibile
0 %
non so
0 %
altro (specificare nello spazio sottostante riservato al suo commento)
Come prevede evolverà il gruppo Burani, nell’ipotesi si realizzi il concordato preventivo?
7 %
nuova gestione in mano alla famiglia Burani
24 %
gestione in mano a manager nominati dalle banche
20 %
acquisizione da parte di un gruppo industriale
27 %
acquisizione da parte di un fondo specializzato in ristrutturazioni
18 %
non so
2 %
altro (specificare nello spazio sottostante riservato al suo commento)
(*) La percentuale è riferita al totale dei votanti

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13/06/2012 15:51:51

Bene a sapersi. Ci sentiremo presto per un'esigenza che sta per presentarsi.
V. Morelli 1/25/2011 18:26

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13/06/2012 15:51:51

Capisco il pensiero che c'è dietro: ormai strategia ed esecuzione appartengono ad una stessa catena del valore. Allora ha senso la proposta di offrire la stessa regia a servizi che in realtà devono integrarsi tra loro se si vuole essere più efficaci ed efficienti nella loro fornitura. Questo pone un problema di responsabilità: mentre dividendo gli interlocutori/fornitori la responsabilità del risultato è in testa al manager, integrandoli siete voi a diventare sostanzialmente responsabili del risultato raggiunto. Interessante e... auguri!
Nick Ferrero 1/25/2011 16:13

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13/06/2012 15:51:51

Complimenti alla vostra società. Una bella mossa per il vostro 30mo anniversario!
B. Colombo 1/25/2011 9:36

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13/06/2012 15:51:50

La strategia "one stop shop" non ha ancora avuto casi di chiaro successo nei servizi professionali. Ci sono state esperienze anche in Italia nell'area pubblicità marketing che non mi pare siano effettivamente decollate.
Seguiro' con interesse la vostra, sperando che indichiate la via giusta.
N. Fasciolla 1/30/2011 19:7

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13/06/2012 15:51:50

Penso che possa essere una buona idea. Tutto dipende dalla sua attuazione. Calibrare la specializzazione con l'integrazione non è esercizio facile e vi auguro di riuscirci.
Venicio P. 1/28/2011 18:6

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13/06/2012 15:51:50

Allora ci potete aiutare anche nel creare teste di ponte in nazioni lontane: Vietnam e Colombia. Buono a sapersi!
A. G. 1/27/2011 16:33

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13/06/2012 15:51:50

Ad majora, semper!
Betti L. 1/27/2011 9:17

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13/06/2012 15:51:50

All'osservazione di Giulio Poppari vorrei aggiungere che i servizi avanzati proposti hanno tutti bisogno di uno zoccolo per essere efficaci: una buona analisi strategico-finanziaria. Se siete d'accordo su questo, è sensato vederli offerti da un fornitore strategico che si assicura che i diversi fornitori interni di servizi comprendano bene il contesto e rispondano allo stesso obiettivo
Toni Z 1/26/2011 17:27

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13/06/2012 15:51:50

Vedo che la discussione è intorno al concetto di regia che il gruppo vuole offrire.
A me pare interessante, come capo azienda, avere un unico interlocutore per più servizi sofisticati perchè ritengo che, se io e il fornitore giochiamo bene il ruolo che ci compete, ci si possa concentrare meglio nel fare le cose che servono (evitando i "fronzoli" e le duplicazioni che non servono e i fornitori ci sollecitano a comprare). Questo si traduce in minori costi, minore tempo e maggiore efficacia. O sbaglio?
O. Vilunga 1/26/2011 17:22

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13/06/2012 15:51:50

Un valore aggiunto che io vedo, invece, è la chiarezza della responsabilità. Gestendo io i differenti fornitori di servizi avanzati, come fa D. Vinciguerra, mi trovo a chiedermi di chi sia colpa nel caso di risultati deludenti. Ad esempio: colpa della strategia sbagliata o della persona assunta incapace? Una regia unica... si assume la responsabilità unica. Forse questa non è soddisfazione sufficiente perchè non sempre è utile sapere di chi è la colpa ma è sempre utile essere efficaci ed efficienti. Forse in questa chiave la proposta di Ceccarelli può essere vincente. Allora vedo un secondo valore aggiunto nell'efficacia rispetto al conseguimento del risultato e nell'efficienza rispetto alle risorse impiegate.
Giulio Poppari 1/26/2011 14:8

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13/06/2012 15:51:50

Sinceramente non mi è facile vedere il valore aggiunto della vostra regia su più servizi "avanzati". Pilotare le collaborazioni esterne verso gli obiettivi che mi prefiggo come capo della mia azienda, mi sembra un compito da non delegare. O mi sbaglio?
d. vinciguerra 1/26/2011 13:17