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Mar 2015
Numero N. 310
Il Job Acts vuole aziende competitive

Per un anno ci siamo concentrati su articolo 18 si', o articolo 18 no, mentre e' la filosofia del lavoro dipendente il vero cambiamento che necessita alla nostre aziende.

Cambiano gli ammortizzatori sociali e si avviano politiche attive per il lavoro con il contratto di ricollocazione. Soprattutto e' la funzione sociale dell'impresa che cambia. Vediamo come...

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Per un anno ci siamo concentrati su articolo 18 si’, o articolo 18 no, mentre e’ la filosofia del lavoro dipendente il vero cambiamento che necessita alla nostre aziende.

Cambiano gli ammortizzatori sociali e si avviano politiche attive per il lavoro con il contratto di ricollocazione. Soprattutto è la funzione sociale dell’impresa che cambia. Vediamo come…




Filippo Menichino, giuslavorista, commenta i chiari obiettivi politici che il governo si propone.

Da una parte troviamo un’idea giuridica forte nel fugare la nozione che il licenziamento sia un inadempimento agli obblighi che discendono dal contratto di lavoro, ciò che porta alla reintegrazione. Per il legislatore odierno, invece, il licenziamento deve essere considerato un mero atto di gestione. A meno che sia affetto da motivo illecito o che il fatto disciplinare sia stato dimostrato inesistente, esso sarà sempre idoneo a sciogliere il rapporto di lavoro, fermo il riconoscimento di un’indennità da 4 a 24 mesi, che comunque è la più alta in Europa.

La filosofia del Jobs Act, quindi, è molto chiara: non c’è lavoro se non ci sono aziende solide e competitive. Dev’essere l’imprenditore, non il giudice, a stabilire ciò che ritiene utile per la propria imprese, stabilirne la dimensione e i collaboratori con cui operare.

Le aziende non saranno più meri ammortizzatori sociali, come dagli anni ’70. Oggi ad ognuno va la propria responsabilità: alle aziende di produrre ricchezza e occupazione e allo Stato di occuparsi dei soggetti deboli che hanno perduto il posto. Meglio flessibilizzare al massimo il rapporto di lavoro, con la contropartita di un welfare solidale, come succede da cinquant’anni nei paesi europei più evoluti. Inutile scannarsi sulla conservazione del posto che un giorno potrebbe non esserci più, molto meglioproteggere il lavoratore sul mercato migliorando la sua occupabilità.

Quindi non è più il vetusto schema delle politiche passive, utilizzando impropriamente la Cigs (20 miliardi l’anno per lo più buttati al vento come mera assistenza). Ma politiche attive, intese non soltanto a dare sostegno al reddito dei lavoratori, ma a consentire loro un percorso di ricerca di una nuova occupazione. Il cosiddetto contratto di ricollocazione darebbe diritto al lavoratore di spendere un voucher nelle agenzie accreditate, pubbliche e private.

Per la scarsità dei fondi, i destinatari del contratto di ricollocazione saranno soltanto i nuovi assunti che verranno licenziati senza giustificazione. I vecchi lavoratori, avranno la tutela dell’articolo 18. Tempo al tempo per sapere qual è la riforma migliore.

Qual è la sua opinione?

Applicazione in azienda: L’applicazione in azienda della nuova normativa offre il vantaggio di rivedere gli assetti organizzativi. Dove cogliere le maggiori opportunità? Nella revisione complessiva della catena di comando! Ridurre i livelli intermedi e investire sulla qualità del top management e sulle competenze delle figure operative.
Parola Chiave: risorse umane
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Qual è la sua opinione su come far evolvere il lavoro dipendente?
  • Ridurre il concetto di "garanzia" del posto di lavoro tramite azioni normative e di cultura. Rendere efficaci i meccanismi di ricollocazione e riqualificazione del personale. Favorire la competitività del sistema-Paese per creare maggiori opportunità di sviluppo per le imprese.
    Luca Orselli
  • Due le responsabilità che stanno alla base del concetto di lavoratore dipendente: 1) Responsabilità del lavoratore: lavoro dipendente non è sinonimo di lavoro garantito. Essere dipendenti significa impegnarsi nel generare i risultati che l’azienda si aspetta dal ruolo per cui si è stati prescelti: rappresentare, a qualunque livello, una risorsa di valore per l’organizzazione; 2) Responsabilità dell’azienda: migliorare la competitività a tutti i livelli partendo da un investimento nello sviluppo di un gruppo di persone di qualità che ne alimenteranno la crescita nel tempo. Solo il mutuo riconoscimento di queste responsabilità può innescare il circolo virtuoso che può dare competitività alle nostre organizzazioni.
    Fabrizio Fresca Fantoni
  • Due le responsabilità che stanno alla base del concetto di lavoratore dipendente: 1) Responsabilità del lavoratore: lavoro dipendente non è sinonimo di lavoro garantito. Essere dipendenti significa impegnarsi nel generare i risultati che l’azienda si aspetta dal ruolo per cui si è stati prescelti: rappresentare, a qualunque livello, una risorsa di valore per l’organizzazione; 2) Responsabilità dell’azienda: migliorare la competitività a tutti i livelli partendo da un investimento nello sviluppo di un gruppo di persone di qualità che ne alimenteranno la crescita nel tempo. Solo il mutuo riconoscimento di queste responsabilità può innescare il circolo virtuoso che può dare competitività alle nostre organizzazioni.
  • Dobbiamo seguire l’esempio dei Paesi (come quelli del Nord Europa) ove si privilegiano competenze e flessibilità. Questo però implica una rivoluzione culturale nella percezione del lavoro come diritto acquisito a priori, oggi prevalente nel nostro paese (e la querelle sull’articolo 18 ne è un chiaro esempio). La normativa, che ad oggi appesantisce il conto economico delle aziende e il salario netto del lavoratore, dovrebbe evolvere di conseguenza: equilibrio tra reddito da lavoro e relativo costo (cuneo fiscale), equità dei trattamenti previdenziali (rapporto costo / prestazioni dei nuovi entrati nel sistema), certezza e tempestività di applicazione del diritto. Creare inoltre un circolo virtuoso tra formazione ed esperienza lavorativa sul modello nordeuropeo è la strada per rendere trasparente il mercato del lavoro. La trasparenza incrementa la fiducia, che è alla base di un sistema economico e di un mercato del lavoro che funzionano. Carlo Martelli
  • Far partecipare il dipendente al rischio d'impresa, come in Germania, ma per arrivare a questo in Italia la strada è ancora lunga ... P.s. mi permetto di sottolineare un'altro principio rivoluzionario del Jobs Act e cioè che la misura dell'indennità per licenziamento illegittimo non è più a discrezione del Giudice, come nel passato, ma è rapportata ad un criterio oggettivo (cresce con l'anzianità di servizio)che attiene all'età del rapporto fiduciario fra lavoratore e impresa. Giorgio Limonta
  • Auspico un mercato del lavoro europeo nei principi e nelle norme applicative. Ma locale in termini di prezzo/costo.
  • Ritengo che il vero problema sia la competitività e la capacità delle aziende di generare risultati attraverso un vero processo di sviluppo delle competenze all'interno delle aziende stesse. Non esistono più i mercati di una volta, ma non esistono più anche aziende di una volta (Fiat, con Isvor e Marentino, Pirelli, Olivetti ecc.), vere scuole e palestre per lo studio e lo sviluppo professionale. Grazie
  • rendere totalmente deducibili le spese per investimenti produttivi e quelle per ricerca
(*) La percentuale è riferita al totale dei votanti

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