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Lug 2011
Numero N. 143
La crescita italiana c’è, ma va all’estero
La calma piatta dell'economia italiana nei primi mesi 2011 è il risultato di chi langue sul mercato interno e chi sta sfondando sui mercati lontani. Serve la ripresa delle liberalizzazioni, un piano anti-burocrazia e specifici interventi sul mercato del lavoro.

Mi sono già occupato nelle scorse settimane della debole crescita dell’Italia rispetto ai grandi Paesi europei. Il dato nuovo è che il Pil langue perché quel poco di crescita che facciamo se ne va all’estero e non si ferma a creare occupazione in Italia.
Nel primo trimestre 2011, infatti, la domanda interna è cresciuta dello 0,3 per cento, mentre la domanda estera di prodotti italiani è cresciuta dell’1,4 per cento. Se l’aumento complessivo di domanda fosse stato soddisfatto dalla produzione delle sole aziende nei confini italiani, avremmo avuto un incremento del Pil di +0,5 per cento, non un dato “tedesco”, ma nemmeno il minuscolo +0,1 registrato dall’Istat.
L’incremento di domanda è stato soddisfatto in misura parziale con produzione interna - appunto il +0,1 di crescita del Pil – ma soprattutto con l’import, aumentato dello 0,7 per cento - dati a prezzi costanti, al netto dell’aumento del prezzo del petrolio -. Le importazioni in valore sono aumentate del 5,2 per cento, a causa dell’incremento dei prezzi del 4,5 e, appunto, dell’aumento dei volumi importati dello 0,7 per cento.

La spiegazione è nel fatto che permangono le difficoltà dei terzisti e delle piccole imprese ("2011, consumi e Pmi rallentano la crescita"). Se le grandi imprese delocalizzano la produzione e non portano con sé i fornitori italiani - e le grandi imprese estere non portano i loro impianti di produzione all’interno dei confini italiani o li chiudono - i conti delle grandi aziende migliorano, le borse brindano agli accresciuti dividendi, ma i dati sull’occupazione e sulla produzione interna soffrono.
Così abbiamo dati ancora deludenti per il mercato del lavoro e per la produzione industriale. Nell’aprile 2011 la percentuale di disoccupati è salita all’8,1 cento dal 7,6 di un anno prima mentre l’indice della produzione industriale è cresciuto di solo 3,7 punti. Non decollano i beni di consumo non durevole che mostrano un modesto +0,2 per cento, mentre il resto delle voci dei prodotti industriali mostra un +6.
È lo scontrino medio delle famiglie che vanno a fare la spesa al supermercato a rimanere troppo basso, non le vendite di prodotti high-tech.

Mentre lo scenario internazionale si fa più complicato e i dati, anche quelli delle nuove economie, richiamano il timore di crisi W, gli interventi di politica economica che reputo coerenti dovrebbero andare a sostenere la domanda interna senza devastare i conti pubblici. A questo, per esempio, non serve la riforma fiscale complessiva che sembra ritornare nell’agenda politica: per bene che vada, potrà essere a regime nel 2013. Nel frattempo non ci sono alternative alla ripresa delle liberalizzazioni e ad un piano anti-burocrazia che è inefficiente ("Il settore pubblico frena la crescita! ") e soffoca le aziende, oltre a specifici interventi fiscali e legislativi sul mercato del lavoro che ridiano produttività alle imprese e fiducia ai consumatori-lavoratori.


Parola chiave: economia

Azione: rafforza la produttività della tua azienda e la presenza nelle economie che crescono.
Parola Chiave: economia
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20/07/2012 03:54:59

Le aziende minori hanno perso competitività e dovrebbero essere al centro dell'attenzione del governo soprattutto per promuoverne attivamente l'aggregazione. I progetti di defiscalizzazione di distretti e filiere vanno bene ma devono essere adeguatamente promossi a livello locale per vincere la diffidenza degli imprenditori. Ci vuole una forte opera di convinzione.
<i>Aurelio A. 7/4/2011 16:52</i>