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Giu 2013
Numero n. 229
Motivare in azienda si puo'. Anzi si deve
La motivazione e' la molla che spinge gli individui a fare e dare il meglio. Come farla scaturire e aumentare anche nella sua azienda?



Motivare e’ il sistema per ottenere il massimo dai propri collaboratori. Con l’esempio, approfittando delle situazioni aziendali per mettere in risalto il valore e affinare le tecniche. Riconoscendo inoltre il modello prevalente della persona con cui s’interagisce e adattandovisi.

L’esperto Guido Di Stefano ci ricorda due diversi modelli comportamentali. D’attacco, amanti del rischio tipico dei realizzatori, ambiziosi, creativi, veloci, tendenzialmente socievoli e ottimisti anche a costo di risultare un po’ superficiali, poiche’ istintivi e umorali con un buon grado di permalosita': cercano sempre le opportunita' e, quando non riescono, ci rimangono molto male. E’ meglio non prenderli di petto ma farli ragionare su un loro eventuale comportamento errato o non consono alle regole.
In difesa, prevalentemente cauto, riflessivo. Tipico di persone vigili, pazienti, guardinghe e meticolose, ma certamente affidabili, precise e serie, sempre attente a prevenire gli ostacoli e le trappole. Con i forti "incassatori" posso anche affondare le critiche sapendo che molto probabilmente scorreranno via senza conseguenze.

Nessuno dei due modelli e' migliore dell’altro e vi sono comportamenti intermedi tra questi due estremi. In qualunque contesto sociale organizzato -azienda, squadra sportiva, partito politico- c’e' bisogno di entrambe le tipologie e il bravo manager le sa riconoscere adattandole alle situazioni.

Esiste inoltre una motivazione di ordine superiore, quella che ci fa fare cose eccezionali. E’ dentro di noi e ognuno deve cercarsela. Con Nietzsche penso che non possa essere data da altri. Ogni azienda ha interesse a creare un contesto nel quale sia piu' facile per tutti trovare la propria motivazione.
Da qui l’importanza della definizione ispirata di missione e valori di ogni azienda.
Applicazione in azienda: riconosci le tipologie dei tuoi interlocutori per motivarli al meglio
Parola Chiave: risorse umane
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Risultati ad oggi
Quali sono le sue esperienze in materia di motivazione dei collaboratori?
  • Adottare uno stile di gestione e di comunicazione che sia funzione del modello comportamentale e che sia, quindi, differente a seconda che un collaboratore sia un "cacciatore" sempre in attacco o un "contadino" che gioca in difesa attendendo pazientemente i risultati è senz'altro fondamentale per un manager. Ritengo, però, che la motivazione vada vista in una prospettiva più ampia: motivare un collaboratore significa comprenderne le caratteristiche e metterlo in condizione di generare risultati sfruttandone i punti di forza. Nulla motiva di più dei risultati.
    Fabrizio Fresca Fantoni
  • Tendenzialmente positive. Ma occorre un grande sforzo in termini di comunicazione, apertura, trasparenza, capacità di entrare in sintonia con i colleghi e collaboratori, ed entrare nella prospettiva che è un lavoro continuo, che non finisce mai, ma che nel complesso garantisce ottimi risultati sul lungo termine. Inoltre se si è autorevoli, la capacità di motivare è enfatizzata. Le persone si lasciano coinvolgere e ascoltano perchè ci credono, e non perchè "devono"
    Paolo Pavone
  • Il tema della motivazione, risolto in maniera deterministica da Taylor per quanto riguarda le attività prettamente manuali, sta assumendo, oggi, un peso sempre più rilevante nella formazione e nella gestione delle risorse umane, proporzionalmente all’accelerarsi del processo di terziarizzazione dell’economia. Il problema della motivazione è questione di obiettivi! La domanda chiave è: come allineare gli obiettivi del lavoratore agli obiettivi dell’organizzazione? Spesso, nella mia esperienza, la mancanza di motivazione non è legata alle politiche degli incentivi (“faccio un lavoro che mi dà lo stipendio migliore”) e nemmeno alle caratteristiche specifiche del ruolo professionale di un singolo lavoratore (“faccio un lavoro che mi piace con il quale esprimo me stesso”) quanto piuttosto ad alla percezione di una dicotomia, una contrapposizione tra gli obiettivi dell’azienda e gli obiettivi del lavoratore (“mi conviene legare il mio futuro professionale a questa squadra?”). Risolvere questa dicotomia fa la differenza tra organizzazioni di successo ed esperienze fallimentari.
    Carlo Martelli
  • Le esperienze manageriali, prima, e quelle di consulente di direzione, ora, mi hanno spesso portato a confrontarmi con il tema della motivazione. In qualsiasi interazione è questa la molla che spinge l'individuo ad impegnarsi in misura maggiore o minore. L'azienda ha il compito di incanalare le inclinazioni dei collaboratori verso l'ottenimento di risultati eccellenti: per farlo deve assegnare compiti che siano coerenti con i loro punti di forza. In questo modo si genera il giusto livello di motivazione. Poi, come sottolinea correttamente l'autore, si deve interagire con le persone in modo adeguato: se però il collaboratore non trova dentro se stesso le giuste ragioni per impegnarsi, non ci sono strade possibili per spingerlo nelle giusta direzione.
    Luca Orselli
  • Riconosco bene i due modelli presentati che bene si adattano alla mia esperienza diretta. Trovo più efficace far trovare la motivazione dei collaboratori lasciandoli esplorare da soli le sfide che meglio ne valorizzano il talento. Cerco quindi prospettare una moltiplicità di casi da gestire.
    Andrea Ferri
  • Vedo un forte divario tra la situazione media della motivazione - da parte di impiegati, quadri e, spesso, anche dirigenti - e quella auspicabile. Un forte divario che, a mio giudizio, comporta la rinuncia ad una enorme quantità di energia. Al punto da farmi pensare che rappresenta il punto più debole nei temi di sviluppo organizzativo!
    Piercarlo Ceccarelli
Cosa potrebbe migliorare oggi il livello generale di motivazione in azienda?
  • Riducendo al massimo il disallineamento tra obiettivi aziendali e obiettivi individuali comunicando gli obiettivi aziendali e declinandoli in obiettivi individuali tramite un sistema di MBO che deve essere attuato con la massima attenzione. Al contempo ogni manager deve dedicare tempo al disegno del percorso di carriera dei suoi collaboratori che deve essere costellato di tappe sempre più difficili che gli consentano di crescere ottenendo risultati.
    Fabrizio Fresca Fantoni
  • L'esempio della buona leadership è lo strumento più potente, soprattutto in questi tempi di grave crisi di credibilità di chi governa le organizzazioni. Secondo un'affermazione di Einstein, "Dare il buon esempio non è il modo migliore per influire sugli altri, è l'unico modo". Non potrei trovarmi più d'accordo
    Paolo Pavone
  • Un bravo capo sa innescare nel collaboratore un processo di automotivazione: assegnandogli compiti sfidanti, facendo leva sui suoi punti di forza e disegnando per lui un percorso di crescita e di carriera adatto alle sue attitudini. Da un lato, dunque, valorizzare i punti di forza; dall’altro, far coincidere la spinta di autorealizzazione personale dei propri manager con gli obiettivi aziendali: la convergenza di questi due aspetti migliorerà contemporaneamente i risultati aziendali e la motivazione personale.
    Anna Favari
  • Selezionando risorse aderenti a visione e valori dell'azienda (la sua "ragion d'essere") ed assicurando un costante allineamento. Comunicando in maniera chiara gli obiettivi, sia generali dell'azienda, sia individuali di ogni collaboratore, e fornendo frequenti feedback sui risultati. Investendo sui punti di forza di ciascuno piuttosto che sui suoi punti di debolezza.
    Carlo Martelli
  • Una comunicazione trasparente e diretta su quali siano gli obiettivi generali dell'impresa e su come ciascuno può dare il contributo atteso. Ed un confronto chiaro ed obiettivo sulla valutazione che si dà della situazione in essere.
    Luca Orselli
  • Il clima economico generale del paese e delle aziende è una sfida importante alla motivazione di un gruppo di professionisti che potrebbe migliorare se il riconoscimento del loro valore fosse esplicitamente riconosciuto anche dai clienti e da attori esterni all'azienda.
    Andrea Ferri
  • Creando un contesto aziendale in grado di far toccare con mano ai collaboratori il valore che l'impresa è impegnata a creare per gli altri. Superando le difficoltà proprie della natura umana e/o favorendo le istanze di autorealizzazione degli individui. Specificando la missione, cioè la propria ragione d'essere, e vivendola in modo attivo e coerente.
    Piercarlo Ceccarelli
Ritiene di aver trovato la sua motivazione di ordine superiore?
  • Sì, affrontare ogni giorno nuove sfide presso le Aziende clienti coniugando pensiero e azione all'insegna di un processo di trasformazione. Vedere un'Azienda che cambia e genera risultati migliori è il più grande generatore di motivazione.
    Fabrizio Fresca Fantoni
  • Penso di sì
    Paolo Pavone
  • Sicuramente sì: la professione di consulente favorisce indubbiamente la spinta a ricercare soluzioni e risultati che superano la percezione dei propri limiti.
    Carlo Martelli
  • Mi trovo descritto piuttosto bene nel primo modello comportamentale descritto dall'autore. L'opportunità di costruire relazioni e sviluppare rapporti d'affari e personali è ciò che mi smuove a dare il meglio.
    Luca Orselli
  • Vedere capi di importanti perfezionare decisioni dagli effetti rilevanti con il contributo del lavoro della mia squadra è una forma di motivazione di rara potenza.
    Andrea Ferri
  • Certamente si. Facilitato dal ruolo di imprenditore di una società di consulenza di direzione. Il connubio tra imprenditorialità e servizi con un alto contenuto di conoscenza mi ha permesso di procedere verso la piena realizzazione.
    Piercarlo Ceccarelli
(*) La percentuale è riferita al totale dei votanti

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Piercarlo Ceccarelli
Piercarlo Ceccarelli 24/06/2013 10:49:02

Tiriamo le fila della discussione...

La terziarizzazione dell'economia sta lanciando in modo sempre più impellente il tema della motivazione in modo da allineare obiettivi individuali con quelli dell'organizzazione e aumentare, quindi, la produttività. C'è ancora un divario tra l'allineamento costruttivo e la situazione media delle aziende, con il conseguente spreco di energia. Numerose sono le esperienze condivise. La maggior parte ha riconosciuto di fare riferimento, più o meno consapevole, al modello proposto al quale adattare l'approccio: interlocutore d'attacco (cacciatore) oppure in difesa (contadino). La qualità del risultato è sovente funzione dell'impegno profuso, continuo e instancabile, meglio se dedicato a valorizzare i punti di forza piuttosto che rimuovere quelli di debolezza. Ad esempio, lasciando i collaboratori esplorare da soli le sfide che meglio ne valorizzano il talento e prospettando una molteplicità di casi da gestire. Se il capo è autorevole trova più facile motivare perché le persone si lasciano più coinvolgere se ci "credono" piuttosto se "devono".

Per migliorare oggi il livello generale di motivazione in azienda l'esempio è forse lo strumento più potente. Secondo un'affermazione di Einstein "Dare il buon esempio non è il modo migliore per influire sugli altri, è l'unico modo". Inoltre selezionare risorse umane ben aderenti a visione e valori dell'azienda - la sua "ragion d'essere"- ed assicurarne una costante alimentazione.

La maggior parte dei partecipanti al dibattito ritiene di aver trovato la sua motivazione di ordine superiore. Per il grande valore collegato alla propria attività, per la continua sfida a superare la percezione dei propri limiti, per la gratificazione di vedere l'azienda cambiare in meglio proprio perché il vertice sottoscrive le proposte, perché l'imprenditorialità si confronta con l'esterno che è il vero arbitro della qualità.