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Giu 2010
Numero N. 95
Pomigliano D’Arco? L’Italia seconda per potenzialità manifatturiera
Il destino dello stabilimento Fiat di Pomigliano D'Arco è in gioco. Sergio Marchionne ha chiesto, pena il trasferimento della produzione in Polonia, un nuovo modello produttivo ed organizzativo, a partire da orari e turni. Ma è subito stato chiaro che, insieme ai posti di lavoro, c’è il problema della competitività del manufacturing italiano.

Venerdì 11 giugno 2010 si è tenuto il secondo incontro, a Pomigliano D’Arco, tra Fiat e i sindacati metalmeccanici, al fine di raggiungere un accordo per l’aumento della produttività dello stabilimento in questione, in un’ottica di globalizzazione ed in linea con il piano industriale di Fiat 2010-2014, recentemente presentato dall’azienda.
Lo stabilimento di Pomigliano D’Arco impiega 5.000 dipendenti, offre lavoro ad oltre 200 aziende dell’indotto - in una zona socialmente disagiata come quella dei dintorni di Napoli - e rappresenta un investimento di 700 milioni di euro. Lo stabilimento ha prodotto, nel 2009, 36.000 veicoli; il piano prevede un aumento graduale della produzione fino a 270.000 veicoli/anno nel 2014 - circa 8 volte la produzione odierna -, avendo individuato nella Panda il prodotto su cui puntare.

La riunione si è conclusa con un documento d’intesa tra l’azienda e 4 delle 5 controparti sindacali – unica contraria Fiom Cgil - che prevede aggiunte innovative e radicali rispetto al Ccnl, oltre alla disponibilità dei lavoratori ad effettuare turni aggiuntivi - fino a 18 -, all’aumento dell’utilizzo della capacità produttiva degli impianti, nonché all’aumento delle ore di straordinario. L’azienda ha, inoltre, richiesto il divieto di sciopero qualora venissero programmati turni notturni il sabato e, soprattutto, ha proposto la facoltà di non liquidare i contributi sanitari a quei dipendenti riconosciuti come assenteisti abituali che, quindi, impediscono ai colleghi onesti la difesa del posto di lavoro. L’importanza di un fronte unito azienda-sindacato nel concordare questo punto è un segnale forte nella lotta all’assenteismo e alla disonestà, in un momento particolare dell’economia italiana, in cui Fiat ha interrotto la richiesta di contributi pubblici.
In attesa del referendum di domani 22, che si prevede favorevole alla proposta, ci auguriamo di essere di fronte ad una svolta epocale nelle negoziazioni sindacali perché la maggioranza dei sindacati dichiara di non considerare più la globalizzazione come uno strumento attraverso il quale si ruba lavoro agli italiani ma un fattore critico da tenere in considerazione nel negoziare le condizioni.
Sul tavolo della negoziazione è stata portata, sin dal principio, l’analisi della produttività degli altri paesi, manifestando quindi la volontà di crescere assieme ma con lo sguardo rivolto anche alla concorrenza.

Se considero che il costo di un operaio in Brasile è di 8$ all’ora, in Cina di 1$ mentre in Italia è di 23$ e che per Fiat sarebbe quasi indifferente produrre in un paese piuttosto che nell’altro, le soluzioni che vedo sono due: o si triplica la produttività italiana, oppure si decide di produrre in Italia prodotti di qualità tale da non poter essere fabbricati altrove. Credo che aumentare la produzione di veicoli da 36.000 a 270.000 nello stabilimento, in assenza di un salto tecnologico che non rilevo nel piano Fiat, appaia sfida difficile. Inoltre, nel Bel Paese mi concentrerei sulla produzione di beni sofisticati e la Panda non lo è di certo.

Ritengo che la situazione dello stabilimento di Pomigliano sia di portata nazionale, non locale, difatti tutti noi classe dirigente siamo preoccupati che il fenomeno dilaghi a macchia d’olio e coinvolga anche altre aziende presenti in Italia. La necessità di deroghe al Ccnl è impellente e spetta al sindacato convincersi che deve agire in modo proattivo se vuole proteggere i propri lavoratori.

Sebbene Fiat sia ritornata all’utile grazie soprattutto agli impianti esteri - 90% della produttività viene da Polonia e Brasile -, proporrei di trattenere in Italia la parte ingegneristica della catena del valore, nonché il know-how aziendale, cioè la capacità di decidere in un sistema complesso, così come fanno le aziende automobilistiche tedesche e francesi “Tutti in Germania a lezione di complessità”. Inoltre investirei negli stabilimenti italiani per aumentare la produttività complessiva dell’azienda e ricordo che essa è funzione di quantità e di qualità!
Se l’Italia non avesse la testa rivolta al passato sarebbe la seconda al mondo per potenzialità manifatturiera.

Parola chiave: economia

Azione: condividi obiettivi aziendali e condizioni di mercato con il sindacato, al fine di individuare la soluzione che massimizza lo scopo sociale dell’impresa

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In quanto imprenditore e top manager ritiene che gli accordi di Pomigliano rappresentino una “strada maestra” per elevare la competitività?
44 %
un esempio da seguire
56 %
bisogna andare oltre e trovare maggiore giovamento da una più stretta collaborazione e condivisione degli obiettivi con i sindacati
0 %
una soluzione ad hoc per la situazione particolare, ma non estendibile ad altre realtà
0 %
meglio seguire altre strade
0 %
altro (specifichi nello spazio sottostante riservato al suo parere)
In un mercato globalizzato, è d'accordo nel ritenere che oggi, in Italia, il terreno della competizione sia da individuare nella produttività e nel valore aggiunto d’impresa e non solo nel costo del lavoro?
68 %
si, a prescindere dal bene prodotto
26 %
si, solo per i beni che già inglobano un alto livello di ingegnerizzazione/design/tecnologia
6 %
no
0 %
altro (specifichi nello spazio sottostante riservato al suo parere)
E’ d’accordo che l’Italia oggi rappresenti un centro d’eccellenza manifatturiera a livello mondiale?
26 %
si
26 %
si e ritengo che, con una buona organizzazione, sia possibile delocalizzare tutte le attività aziendali senza perdere in qualità e vantaggio competitivo
3 %
no
19 %
no per le produzioni a basso valore. Si per quelle ad alto valore aggiunto
26 %
dipende dal settore di riferimento
0 %
altro (specifichi nello spazio sottostante riservato al suo parere)
(*) La percentuale è riferita al totale dei votanti

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13/06/2012 15:52:01

Se la ricerca della produttività, in questo paese, rimanesse non compatibile con il sistema di relazioni sindacali, non avremmo un futuro nel mondo moderno. E' stato così fino a ieri, oggi guardiamo avanti. Spero la Fiat sappia salire sopra il risultato raggiunto (62,5% di si) e trasformarlo in una svolta di produttività industriale!
Benedetto Sassi 6/24/2010 10:36

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13/06/2012 15:52:01

Non c'è stato il plebiscito che ci si augurava ma la vittoria del referendum è stata schiacciante. Turni di sette ore e mezza, con tre sole pause di 10 min., assicurare i recuperi di produttività per cause non determinate dal proprio lavoro, fino a 18 turni, accesso agli straordinari, regole più stringenti sull'assenteismo... sono condizioni serie e impegnative che permettono, però, di lavorare con efficienza senza violare la nostra civiltà del lavoro.
V. C. M. 6/23/2010 9:50

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13/06/2012 15:52:01

Sono convinto che il patto per Pomigliano possa segnare un'epoca come è stato per la marcia dei 40.000 a Torino. La mia azienda ha spesso avuto un ruolo emblematico in Italia
T. Lopito 6/22/2010 20:5

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13/06/2012 15:52:01

L'Italia secondo produttore europeo! E' un'idea interessante. Non ci avevo mai pensato ma mi rendo conto che possiamo essere davanti alla Francia. Cosa aspettiamo a "smettere di guardare indietro"?
Sandro Martinelli 6/22/2010 15:16

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13/06/2012 15:52:01

Il referendum deve passare con un quorum molto alto per significare la svolta nelle relazioni sindacali che tutti auspichiamo!
S. Passina 6/21/2010 18:44