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Apr 2012
Numero N. 173
Rai? Dividiamola in due

Ecco un caso esemplare di cattiva governance. Cambiare il modello di servizio pubblico o scorporare l’intrattenimento?

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Ecco un caso esemplare di cattiva governance. Cambiare il modello di servizio pubblico o scorporare l’intrattenimento?

Sebbene in molti paesi europei la politica sia presente nei servizi pubblici televisivi, in Italia è estesa, pervicace e di basso profilo professionale. I segretari dei partiti nominano i consiglieri e poi partecipano alla scelta dei principali dirigenti. Nel tempo, si sono accumulati interi strati di manager e giornalisti selezionati prevalentemente per appartenenza e per vicinanza a politici o dalla casta dei burocrati. Una situazione simile a quella di Alitalia prima del cambiamento.

I processi aziendali e l’organizzazione del lavoro sono costruiti su tecnologie che ormai stanno scomparendo, con reti e testate che sono fortini verticali semi-indipendenti, risalenti agli ultimi anni della prima repubblica, con nessuna sinergia organizzativa. 1.700 giornalisti sono divisi in testate con un’integrazione verticale completa, senza alcuna sinergia professionale. Costo del lavoro più alto di qualsiasi altro editore italiano per via della dissennata politica di promozioni a ogni cambio di governo e di consiglio d’amministrazione. Le sedi regionali, costruite come piccole televisioni, sono difese strenuamente anche dai politici locali. I canali digitali assemblati dalla Rai hanno i ricavi per punto di share più bassi del mercato. Rai ha attualmente il pubblico di telespettatori più vecchio della televisione italiana. I costi salgono mentre i ricavi pubblicitari si sono contratti a causa della crisi e il canone non può crescere più dell’inflazione. E tra le follie più vistose un consiglio di amministrazione che si riunisce una o due volte la settimana e discute di dettagli artistici.
Si potrebbero fare operazioni utili di riorganizzazione. Ma da diverso tempo la Rai è un’azienda paralizzata da veti incrociati, bloccata dalle incertezze strategiche, dove ogni decisione importante è rinviata e va avanti pensando di non poter crollare mai.

Per molti anni, avere una televisione pubblica, finanziata in parte dalla pubblicità, ha consentito ai cittadini di pagare un canone più basso di quello tipico di paesi dove il servizio pubblico è più separato dal mercato e ha incentivato un certo orientamento nei telespettatori.
Prevalgono i difetti del modello che spinge la televisione pubblica a omologarsi con quella commerciale e lo stridore di certe scelte di programmazione emerge con maggior forza. Il settore televisivo è concentrato in tutti i paesi, ma in Italia il grado di concentrazione è sensibilmente più elevato.

La soluzione che ritengo più utile per l’azienda e per i suoi portatori d’interesse è lo scorporo in due società. Una concentrata sull’informazione e sui servizi di pubblica utilità, finanziata anche dal canone. L’altra concentrata sull’intrattenimento in concorrenza con gli altri operatori, finanziata solo dalla pubblicità e quotata in borsa.
Auspico che si disegni un assetto del mercato più concorrenziale, sia sul versante pubblicitario sia su quello dell’ascolto.
Il nuovo governo innoverà finalmente il mercato televisivo italiano?

Parola chiave: governance

Azione: tieni presente che l’azienda deve perseguire l’oggetto sociale nell’interesse dell’azienda stessa, come entità a se stante

Parola Chiave: governance
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Risultati ad oggi
L’azienda è un’entità distinta e autonoma rispetto a tutti i suoi portatori d’interesse. Gli amministratori devono perseguire l’oggetto sociale e gestire nell’interesse esclusivo dell’azienda stessa e di nessun altro, neppure degli azionisti. E’ d’accordo?
40 %
sono d’accordo
20 %
è applicabile solo in vere public company
27 %
non si può trascurare l’interesse dell’azionista di riferimento
0 %
il singolo amministratore deve curare gli interessi di chi l’ha nominato
7 %
ho una concezione decisamente diversa (specifichi nello spazio riservato al suo parere)
7 %
altro (specifichi nello spazio riservato al suo parere)
Da leader d’impresa, come gestirebbe il caso Rai?
(*) La percentuale è riferita al totale dei votanti

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13/06/2012 15:52:30

I riflettori riaccesi negli ultimi giorni sulla Rai si sono focalizzati soprattutto sull’aspetto della governance. A questa viene ricollegata anche la questione della sostenibilità economica e degli accorgimenti contabili (raggiungimento dell’utile nell’ultimo anno), che consentirebbero all’azienda di servizio pubblico di evitare il commissariamento.
La crisi della Rai è però più profonda di quello che appare all'esterno e non basta nominare manager capaci e sganciati dai partiti per farla ripartire. Il taglio di circa 250 milioni al bilancio ha sottratto risorse anche agli investimenti su prodotto e contenuti. Ma è proprio su qualità e innovazione che si gioca il futuro della Rai. Perché la competizione per un editore televisivo, soprattutto se di servizio pubblico, è oggi più che mai sui contenuti e sulla loro capacità di essere attraenti, convenienti e accessibili in ogni momento, in ogni luogo e su ogni apparato e piattaforma. Questo significa abbandonare battaglie di retroguardia che non hanno più senso economico ed estranee alla missione di servizio pubblico, quale l’integrazione verticale, puntando sulla qualità del prodotto e l’innovazione dei servizi sui vari dispositivi (pc, smartphone, tablet, connected tv, eccetera). Su questa partita, della creatività e della qualità, e non su altre volte a creare giardini chiusi e ostacoli all’accesso, dove sono state consumate troppe energie e risorse, si gioca adesso il futuro della Rai.

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13/06/2012 15:52:30

Carlo Martelli 4/13/2012 9:42

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13/06/2012 15:52:30

Come in ogni altro Paese la TV di Stato deve essere una TV di informazione e attualità. Deve essere gestita dal Governo e quotata in borsa. I partiti possono esprimersi in libero confronto in pari misura. I giornalisti si devono esprimere in liberta' ed autonomia dai partiti politici. La parte commerciale la lascerei al libero mercato.
G. Boscolo 4/11/2012 9:5

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13/06/2012 15:52:29

I riflettori riaccesi negli ultimi giorni sulla Rai si sono focalizzati soprattutto sull’aspetto della governance. A questa viene ricollegata anche la questione della sostenibilità economica e degli accorgimenti contabili (raggiungimento dell’utile nell’ultimo anno), che consentirebbero all’azienda di servizio pubblico di evitare il commissariamento.
La crisi della Rai è però più profonda di quello che appare all'esterno e non basta nominare manager capaci e sganciati dai partiti per farla ripartire. Il taglio di circa 250 milioni al bilancio ha sottratto risorse anche agli investimenti su prodotto e contenuti. Ma è proprio su qualità e innovazione che si gioca il futuro della Rai. Perché la competizione per un editore televisivo, soprattutto se di servizio pubblico, è oggi più che mai sui contenuti e sulla loro capacità di essere attraenti, convenienti e accessibili in ogni momento, in ogni luogo e su ogni apparato e piattaforma. Questo significa abbandonare battaglie di retroguardia che non hanno più senso economico ed estranee alla missione di servizio pubblico, quale l’integrazione verticale, puntando sulla qualità del prodotto e l’innovazione dei servizi sui vari dispositivi (pc, smartphone, tablet, connected tv, eccetera). Su questa partita, della creatività e della qualità, e non su altre volte a creare giardini chiusi e ostacoli all’accesso, dove sono state consumate troppe energie e risorse, si gioca adesso il futuro della Rai.

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13/06/2012 15:52:29

Carlo Martelli 4/13/2012 10:6