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Mar 2010
Numero N. 79
Termini Imerese prelude ad altre chiusure?
Siamo capaci di mantenere e attrarre sul territorio italiano le multinazionali? Se si continua ad addossare alle imprese oneri che sono di competenza dello Stato e invocare la responsabilità sociale, invece di lavorare a un progetto di ampio respiro, le aziende lasceranno l’Italia e, a quella di Termini Imerese, seguiranno altre chiusure.

“Utilizzare gli incentivi per ricondurre Fiat a più miti consigli” è la logica preferita dalle parti sociali nella gestione della crisi, la stessa logica con cui è stata affrontata quella di Alitalia. Si chiede all’impresa e agli imprenditori di mostrare coscienza sociale, facendo scelte antieconomiche; la politica promette implicitamente compensazioni su altri tavoli.
Circolano voci di richiesta alla famiglia Agnelli di fare un passo avanti nella gestione di Fiat a spese di Marchionne, troppo rigido nella trattativa sul futuro dei siti produttivi italiani. L’azienda ha ricevuto tanti soldi dallo Stato e, quindi, ha il dovere di perseguire fini sociali e, in particolare, quello di tenere aperto uno stabilimento che produce in perdita. Ah, i bei tempi dei contratti impliciti! Modello che, oltre a costare caro al contribuente, aveva portato Fiat sull’orlo del fallimento.

La questione degli incentivi e quella dell’insediamento produttivo siciliano vanno affrontate separatamente.
Gli incentivi riguardano il riassetto del settore a livello europeo e mondiale da gestire all’interno di una più generale politica europea. Dato che il problema è la sovraccapacità produttiva, incentivi alla rottamazione possono solo rimandare una ristrutturazione dolorosa, ma inevitabile. Inoltre, data la criticità delle finanze pubbliche, l’eliminazione o la riduzione veloce degli incentivi sono la strategia preferibile che va concordata fra i paesi produttori per evitare distorsioni.
L’insediamento di Termini Imerese pone problemi di scala, di logistica e di mancanza di un indotto adeguato. Mentre la scala ottimale dipende dal tipo di attività, indotto e logistica sono aspetti che riguardano qualunque produzione industriale. Il ministero per lo sviluppo economico dovrebbe concentrarsi sulle cause del fallimento dell’insediamento produttivo mutuando esperienze di poli industriali rilanciati con successo.

Sono personalmente convinto che serva un sistema di ammortizzatori che riduca i costi sociali e faciliti la transizione dei lavoratori da impieghi a bassa produttività ad altri a più alto valore aggiunto. La politica economica si dovrebbe preoccupare di dare una prospettiva di sviluppo alle aree industriali in crisi nelle quali il lavoro scarseggia. Mantenere in vita artificialmente realtà produttive decotte è il modo di gestire emergenze sociali nel breve periodo. Ma nel lungo periodo ciò inibisce il processo di riallocazione e condanna il sistema ad una bassa produttività.

Il campanello d’allarme suona forte e chiaro: diverse multinazionali stanno annunciando la chiusura di impianti. Anche Fiat si è preparata una exit strategy dal paese evidente a tutti! La vicenda rappresenta la cartina di tornasole della capacità del paese di mantenere sul territorio italiano il quartier generale e parte sostanziale della produzione di una multinazionale nata e cresciuta in Italia: non si vive solo di piccole e medie imprese…


Parola chiave: economia


Azione: adotta una visione olistica rispetto ai vincoli imposti dal sistema paese - indotto, logistica, costi dell’energia, infrastrutture, ecc. -.

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Parola Chiave: economia
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Risultati ad oggi
Come imprenditore e top manager, ritiene corretta una gestione di responsabilità sociale di stabilimenti industriali strutturalmente in perdita?
16 %
si
76 %
no
8 %
non so
0 %
altro (specificare nello spazio sottostante riservato ai suoi commenti)
Quale fattore ritiene più negativo per mantenere oggi la localizzazione in Italia?
16 %
carenze infrastrutturali
5 %
costo dell’energia
21 %
costo del lavoro
29 %
pressione fiscale
26 %
farraginosità della burocrazia
0 %
scarsa qualità dei servizi pubblici
0 %
non so
3 %
altro (specificare nello spazio sottostante riservato ai suoi commenti)
Qual è la sua valutazione relativamente agli incentivi ed ai sussidi statali a sostegno delle imprese?
13 %
sono indispensabili, soprattutto in momenti di crisi
34 %
la loro adozione va limitata a pochi casi eccezionali
39 %
la loro adozione va limitata a periodi molto brevi
13 %
non vanno adottati in alcun caso, perché distorcono le dinamiche competitive
0 %
non so
0 %
altro (specificare nello spazio sottostante riservato ai suoi commenti)
(*) La percentuale è riferita al totale dei votanti

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13/06/2012 15:51:52

Noi ci occupiamo di costruire infrastrutture nel mondo e sviluppiamo nuovi vantaggi competitivi proprio attraverso la globalizzazione. Ad esempio, abbiamo sviluppato squadre di cinesi abili nel montaggio, esercizio e smontaggio di grandi macchinari specializzati, utilizzati per le gallerie. Sono squadre che hanno cominciato a lavorare in Cina ma che ora facciamo lavorare ovunque nel mondo, con grande soddisfazione di tutti.
M. Matteucci 2/23/2011 17:52

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13/06/2012 15:51:52

La nostra azienda, del settore automotive, ormai guarda alla globalizzazione con occhi diversi da quelli ipotizzati in letteratura:
1. produciamo local for local (cioè non spediamo più le merci da una parte all'altra del pianeta)
2. facciamo progettare localmente (solo così s'interpretano efficacemente le specifiche del mercato. Progettare in Italia per il mercato cinese è sbagliato perchè si concepiscono i prodotti in chiave occidentale - ridondanze e sofisticazioni - mentre il mercato chiede semplicità e affidabilità. I nostri progettisti italiani non sono più capaci a progettare così)
E. Brivio 2/23/2011 17:45

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13/06/2012 15:51:52

In questo momento i voti propendono per maggiore capacità di previsione e migliore allocazione delle risorse. Due aspetti critici per la produttività. Tutti gli altri servono, ma se non ci sono questi due il sistema non funziona
F. Orioni 2/23/2011 9:16

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13/06/2012 15:51:52

Produttività e posizionamento. Se per produttività ci riferiamo sia all'efficienza (costo per pezzo prodotto + tasso di saturazione degli impianti) e sia all'efficacia, cioè valore offerto al mercato, il posizionamento è già implicito nella produttività. E' evidente che nessuno può pensare di organizzare in modo molto produttivo una produzione che non interessa a qualcuno dei portatori d'interesse (clienti, ma anche azionisti, dipendenti, società, ecc.). Ma meglio essere chiari e mettere in evidenza le due dimensioni.
Paolo Liguoro 2/23/2011 9:7

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13/06/2012 15:51:52

Per la produttività delle nostre imprese non basta meno conflittualità e più collaborazione, auspicata da Fiat, ma un salto deciso verso la partecipazione, con un maggior coinvolgimento dei lavoratori. Nella governance relativa ai prerequisiti (salute, sicurezza, sviluppo professionale, ecc.) e nella redistribuzione della redditività.
Dario Rossi 2/22/2011 13:56

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13/06/2012 15:51:52

Posizionamento alto di gamma e grandi volumi. Due ingredienti che ieri sembravano in contraddizione ma oggi sono possibili considerato che un altro miliardo di persone ha raggiunto nel mondo standard di consumi di tipo occidentale. Fiat ha alcune leve "italiane" da giocare meglio di come fa: design, arte, cultura, qualità della vita, localismi, campanili, cucina dovrebbero ispirare autovetture più connotate di italianità di quelle che vediamo. E attenzione a Chrysler! L'influenza esercitata su Mercedes è stata nefasta. Non si sono mai viste brutte mercedes come durante il periodo di collaborazione con gli americani.
Tony Vittuolo 2/22/2011 13:47

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13/06/2012 15:51:52

Un operatore indiano con cui siamo da tempo in relazione, mi fa presente che la politica indiana riconosce di aver perso la battaglia per il minor costo di produzione, da tempo vinta dalla Cina, e di aver deciso di concentrarsi su produzioni a maggior valore aggiunto. Se lo fanno gli indiani a maggior ragione dovremmo averlo già fatto noi italiani! Giusto il suo invito a riposizionare la gamma Fiat per le produzioni fatte in Italia: anche Marchionne & C. avrebbero dovuto muoversi da tempo su questa linea di cambiamento.
O. Vilunga 2/22/2011 10:13

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13/06/2012 15:51:52

L'Italia dei dati Istat non esiste. Abbiamo capito che l'Italia è formata da due regioni distinte e con produttività nettamente diversa. Il nord è tra le regioni più ricche e produttive d'Italia (tutti gli indicatori sono ben al di sopra della media europea). Il sud è a livelli straordinariamente più bassi (tutti gli indicatori sono ben al di sotto della media europea). C'è allora da chiederci perchè non creare condizioni di lavoro e d'investimento decisamente diverse. E' solo la demagogia che ci ha fatto far finta che esistesse l'Italia dell'Istat. Il risultato è un'unica politica economica e sociale mentre dovrebbero essere due diverse. Anche il sud troverebbe grande vantaggio da questo approccio e le nostre imprese sarebbero più competitive.
C. V. Tonfio 2/21/2011 18:59

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13/06/2012 15:51:52

L'organizzazione sia aziendale che personale gioca un ruolo vitale per permettere a ciascuno di ottimizzare le proprie capacità. Il secondo fattore è la voglia di lavorare
2/21/2011 16:57

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13/06/2012 15:51:51

I francesi fabbricano anche in Europa e fanno qui la maggior parte dei loro utili. Come mai Fiat non ci riesce? Il loro posizionamento è così diverso? Capisco il caso dei tedeschi, ma i francesi non mi pare abbiano posizionamenti molto alti. Quali sono le ragioni?
Giulio Giulino 2/28/2011 9:32

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13/06/2012 15:51:51

E' vero quanto scrive O. Vilunga. Gli indiani già vedono la necessità di un posizionamento medio-alto, figuriamoci noi europei! Altrimenti non abbiamo futuro
F.abio Borghi 2/27/2011 14:18