16
Set 2013
Numero n. 238
Tre anni di liberta' per assumere e licenziare?

Il Governo ha emanato norme per migliorare il mercato del lavoro con il D.L. n.76 del 28.6.2013. Il provvedimento e' stato preceduto da dichiarazioni altisonanti del Presidente del Consiglio "D'ora in avanti le imprese non avranno più alibi per assumere" cui ha fatto eco il Ministro del Lavoro "Con il varo del decreto saranno 200.000 i posti di lavoro creati".

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Il Governo ha emanato norme per migliorare il mercato del lavoro con il D.L. n.76 del 28.6.2013. Il provvedimento e' stato preceduto da dichiarazioni altisonanti del Presidente del Consiglio "D'ora in avanti le imprese non avranno più alibi per assumere" cui ha fatto eco il Ministro del Lavoro "Con il varo del decreto saranno 200.000 i posti di lavoro creati".
Il nostro esperto giuslavorista Filippo Menichino ritiene che non ci sia nulla di veramente innovativo per stimolare l'incontro fra domanda e offerta di lavoro.
Pochi sono gli interventi sull'apprendistato, istituto che potrebbe davvero dare la svolta al nostro asfittico mercato del lavoro. L'Italia è lontana anni luce dalle scuole professionali tedesche e dei Paesi Scandinavi. Non soltanto come contenuti formativi, ma anche come numero di studenti. Solo il 23% degli studenti italiani frequenta Istituti Tecnico Professionali, contro il 76% di Germania e addirittura il 90% di Svizzera.
La Legge Fornero ha abolito il vecchio tabu' della reintegrazione come sanzione dell'ingiustificatezza del licenziamento. Quindi, se viene accertato come legittimo, non costa nulla all'azienda. Ogni imprenditore, pero', sa cosa significa discutere nelle aule dei Tribunali sulla sussistenza delle cause di licenziamento: troppa alea, troppi rischi e dodici-ventiquattro mensilita' da pagare. Nel dubbio l'azienda non assumera', anche se lo Stato (speriamo) gli offrira' i contributi gratis.
Alcuni intrepidi parlamentari propongono di sperimentare un metodo semplice e senza costo per l'erario. Per i primi due-tre anni gli imprenditori potranno assumere liberamente e liberamente licenziare, senza dover pagare nessuna indennita' per ingiustificato recesso. Il rapporto fin da subito si costituirebbe a tempo indeterminato. Sarebbe una soluzione che sicuramente renderebbe felici giovani disoccupati, che si vedrebbero inseriti in azienda senza passare dai capestri dei falsi contratti autonomi e dei contratti a tempo determinato. I giovani, si potrebbero poi confrontare con coloro che da tempo sono gia' assunti, e vinca il migliore...
E' talmente elevato il livello di paura, per i risultati favorevoli della sperimentazione, che addirittura si preferisce deregolamentare il contratto a termine per tre anni, pur di non toccare il contratto di lavoro a tempo indeterminato. E' una proposta sintomatica, che perpetuerebbe le ingiustizie di un mercato del lavoro duale, tra chi e' piu' protetto e chi dovra' lottare sul mercato per cercare di acchiappare un posto di lavoro.

Applicazione in azienda: Gestisci le risorse umane della tua azienda perseguendo la massima competitivita' a prescindere dalla normativa
Parola Chiave: risorse umane
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Risultati ad oggi
Cosa ne pensa della sperimentazione proposta? Ridurrebbe davvero il numero dei giovani disoccupati?
  • Non lo vedo come soluzione ma come tassello di un ammodernamento di un sistema normativo che ad oggi appesantisce il conto economico delle aziende e il salario netto del lavoratore. Creare un circolo virtuoso tra formazione ed esperienza lavorativa sul modello anglosassone è la strada per rendere trasparente il mercato del lavoro. La trasparenza incrementa la fiducia.
    Alessandro Rossi
  • Avrebbe successo e darebbe lavoro a molti giovani.
    Piercarlo Ceccarelli
  • Agire solo sulla normativa del lavoro non basterà a risollevare i livelli occupazionali. Questa sperimentazione presenta due criticità. 1)come gestire i neoassunti a fine termine? come garantire equità rispetto a chi è già in azienda, non è a rischio ma rappresenta una risorsa meno valida per l'azienda? 2) le aziende hanno poca fiducia nel sistema giudiziario e temono che, anche in questa sperimentazione, la risoluzione del rapporto sia irta di ostacoli.

  • Personalmente ritengo che oggi molte imprese non assumono non perché manchino gli incentivi, ma perché mancano gli ordini. Quindi sarebbero piu' utili provvedimenti di rilancio dell'economia dai quali conseguirebbero naturalmente anche incrementi occupazionali.
  • Il problema è la fiducia che un imprenditore deve nutrire sul fatto di poter assumere persone valide in numero adeguato alle esigenze dell'azienda, flessibile agli andamenti futuri, senza oneri che pongano l'azienda fuori dal mercato. Una proposta così (dopo tre anni libertà di licenziare) è non solo poco equa nei confronti dei lavoratori, ma proprio per questo difficilmente credibile: il sospetto che verrebbe subito impugnata e l'assunzione confermata "alla vecchia maniera" è forte. E' opportuna una revisione globale del rapporto di lavoro, dal punto di vista sia normativo sia sindacale. Non credo molto a questa eventualità se non trainata dalla legge del mercato..
    Luca Orselli
  • A breve termine dovrebbe creare il clima favorevole per l'inserimento nel mondo del lavoro dei giovani. Purtroppo oggi, indipendentemente dal livello di istruzione conseguito ed effettivo,troppi giovani restano disoccupati, sottoccupati o comunque in balia delle società di lavoro interinale. Ma resta il dubbio in merito a cosa succedrà dopo i tre anni : persone valide ed apprezzate verranno comunque lasciate a casa e sostituite da nuovi giovani in prima occupazione o prevarrà la serietà e verranno quindi premiati i migliori? Oggi anche le "migliori" aziende fanno ampio ricorso a stage confermando ogni 3 mesi i giovani ... sino alla pensione !!!
  • Alla base di un mercato del lavoro che funziona c'è la fiducia reciproca. Tra le persone, lo stato e le aziende. I paesi nordici godono di una fiducia strutturale più alta (Norvegia indice di fiducia148, Svezia 134, Danimarca 131) e per questo godono di un mercato del lavoro più efficiente rispetto all'Italia (indice di fiducia della popolazione 61!!!). Penso quindi che la sperimentazione non avrà successo se prima non si agisce efficacemente sul rapporto tra Stato, Cittadini e Imprese. Equilibrio tra reddito da lavoro e relativo costo (cuneo fiscale), equita' dei trattamenti previdenziali (rapporto costo prestazioni dei nuovi entrati nel sistema), certezza e tempestivita' di applicazione del diritto ( infrangere la legge no deve comportare dei vantaggi), imparzialità degli organi giudicanti (tempi e costi per la gestione del contenzioso a carico delle imprese). Andrea Ferri
Come ritiene che dovrebbe evolvere la normativa per migliorare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro?
  • Maggiore flessibilità.
    Alessandro Rossi
  • Ispirarsi ai paesi del Nord Europa.
    Piercarlo Ceccarelli
  • Maggiore flessibilità e riduzione del costo del lavoro
  • massima libertà di licenziare come di assumere. In alternativa permettere un licenziamento all'anno senza alcuna giustificazione
  • Dovrebbe diminuire il costo del lavoro a carico delle aziende attraverso la rimodulazione del cuneo fiscale
  • La normativa dovrebbe evolversi su modelli simili a quelli di Paesi ove si privilegiano competenze e flessibilità. Questo però richiede una modifica radicale nel sentimento del lavoro come diritto acquisito a priori, oggi prevalente nel nostro paese.
    Luca Orselli
  • Credo che sia opportuno stabilire un periodo di 2 o 3 anni di apprendistato a cui segua la piena libertà di risolvere il rapporto di lavoro per entrambe le parti. Ma l'apprendistato va regolato e certificato come avviene ad esempio in Svizzera. Le aziende devono diventare effettivamente la fucina dei giovani trasferendo conoscenze in modo strutturato e verificabile.
  • Non è la normativa a dover migliorare ma i criteri di applicazione delle leggi che troppo spesso risultano vessatori nei confronti delle imprese le quali rimangono diffidenti rispetto a qualsiasi innovazione venga proposta. Come viene infatti ricordato nel l'impronta di oggi a proposito del l'abolizione del l'obbligo di reintegro. Andrea Ferri
(*) La percentuale è riferita al totale dei votanti

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Piercarlo Ceccarelli
Piercarlo Ceccarelli 23/09/2013 09:10:16

Tiriamo le fila della discussione...

Come prevedibile, il tema del lavoro per i giovani vi ha scaldato. Ho passato un'interessante settimana discutendo animatamente con voi, spesso al telefono.
La riforma del mercato del lavoro, del luglio del 2012, ha provato a rilanciare il contratto di apprendistato forte dei successi conseguiti in Germania. Curare i problemi italiani con la medicina tedesca è parsa la soluzione migliore. Ma per ottenere risultati occupazionali significativi occorrono due cose: semplificare tutte le tipologie di apprendistato e ridurre gli eccessivi oneri che ancora gravano sul lavoro.
Rimane inoltre aperto come garantire equità rispetto a chi è già in azienda, nel caso si trovasse a rappresentare una risorsa meno valida rispetto ai nuovi arrivati.
Infine, la normativa sul lavoro dovrebbe evolvere privilegiando competenze e flessibilità e collegando meglio formazione e lavoro. Alla base di tutto c'è la necessità di migliorare il rapporto tra Stato, Cittadini e Imprese per costruire ciò che oggi manca, la fiducia reciproca. Essa permette la semplificazione dei problemi e il funzionamento del mercato, innescando un ciclo virtuoso. Sappiamo, infatti, che trasparenza e fiducia sono alla base di ogni mercato.

17/09/2013 16:02:45

Una maggiore flessibilità in uscita è solo uno degli strumenti che l'Italia dovrebbe mettere in atto per attrarre investitori e quindi favorire l'occupazione. Forse però sono ancora più importanti la semplificazione delle normative/adempimenti alle quali le aziende devono sottostare e la riduzione del cuneo fiscale.

Carlo Martelli
Carlo Martelli 16/09/2013 14:55:29

La riforma del mercato del lavoro del ministro Fornero, entrata in vigore nel luglio del 2012, ha provato a rilanciare il contratto di apprendistato come canale privilegiato d’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
La scommessa è stata motivata dai successi conseguiti negli ultimi anni dalla Germania (giustamente citata da Impronte di oggi come modello di riferimento) in termini occupazionali. Nel 2012 la Germania aveva, infatti, il tasso più basso di disoccupazione per la fascia d’età 15-24 anni (8,1 per cento contro il 35,3 per cento dell’Italia) e uno dei più bassi per quella compresa fra i 25 e i 64 (5,2 per cento contro 9 per cento). Questi dati lusinghieri sono il frutto di vari fattori, ma è indubbio che il contratto di apprendistato, che coinvolge annualmente più di 1,5 milioni di persone, svolga un ruolo di contenimento della disoccupazione tra i più giovani.
Curare la patologia italiana con la medicina tedesca è parsa la strategia migliore. Tuttavia, le formule dell’apprendistato italiano e tedesco, pur presentando alcune somiglianze – comuni peraltro a molti paesi europei –, sono contraddistinte da marcate differenze, alla luce delle quali ci sono fondati motivi per temere che la riforma da sola non basti a rilanciare l’occupazione giovanile in Italia.
L’apprendistato è certamente utile se si vuole integrare in azienda la formazione teorica ricevuta da un giovane negli istituti scolastici, facendogli acquisire le professionalità necessarie in vista di una potenziale assunzione. Ma la riforma Fornero, purtroppo, invece di ridurre i costi dei contratti standard, ha incrementato quelli dei contratti flessibili e dello stesso contratto di apprendistato. Per ottenere risultati occupazionali significativi occorre, da un lato, perseguire con tenacia la strada della semplificazione dell’apprendistato per tutte le tipologie e, dall’altro, affiancarvi l’impegno alla riduzione degli eccessivi oneri burocratici e fiscali che ancora gravano sul lavoro. Il tutto senza perdere di vista l’obiettivo di una profonda e condivisa riforma del sistema educativo.